Roma
26 aprile 1877
Mio caro
Perdonami se torno ad annojarti con un’altra lettera sullo stesso argomento
della prima: ma la perplessità in cui mi tiene il silenzio tuo e quello
dell’, e le premure che ricevo
trattasi dello , mi fanno sentire
la necessità di una soluzione.
L’altro giorno lo
mi scriveva che l’ aveva abbandonato l’idea del
Sotto-Comitato, ed io mi rallegrai tutto nella speranza che così si sarebbe
potuto formare sotto di lui un comitato indipendente, come l’hanno fatto a
Vienna, come lo fanno a Monaco ed altrove.
Non sarebbe stato bene dare a quei signori di Berlino una lezioncina? – Inve/ce una nuova
dello
jersera mi ha portato la notizia che l’
forma il Sotto.Comitato. È dunque vero? Si fa oggi quest’atto di adesione a
Berlino?
Amico mio, ti confesso, che la mia speranza è che si avveri; ma in ogni caso
ti prego di farmi sapere qualche cosa, e ti prego ancora, se credi che
all’ non possa spiacere, di non
farmi apparire tra i componenti del Sotto-Comitato.
Come stanno le cose oggi, la mia parte del Comitato non potrebbe essere più
buona da nulla. Qui in Roma si sa che io
parteggiavo pel comitato indipendente, e quando ebbi dallo la
notizia che l’ aveva rinunciato a formare il
Sotto-Comitato, io, sicuro di ciò, corsi ad assicurami / che l’ non si compromettesse verso Berlino, ed ottenni che nulla avrebbero fatto
fino a che non si fosse formato il
Italiano,
col quale l’
si sarebbe posta in relazione. Se ora non è più vero ciò che lo mi
affermò, io andrò a compiere il mio debito verso l’,
disdicendo quanto in buona fede dissi allora. Ma capirai che io ormai non
potrei fare di più in servigio di questa causa: sarei un avvocato
screditato, e farei male alla causa e a me restando nella impresa. Prego
perciò che mi si lasci da un canto ed io prometto che non m’ impaccerò più
della in nessun senso.
Del resto la mia parte per la
l’ho fatta da un pezzo, e l’ho fatta quando quei signori di Berlino nemmeno ci pensavano. Addio. Voglimi
bene e ti sarò assai grato se mi farai sapere qualcosa.