Graziadio Isaia Ascoli a Ernesto Monaci, 22 marzo 1902

Informazioni sul documento

Trascrizione: Chiara Maria Calcagni

Codifica: Simone Palmieri

Data pubblicazione online: 26.2.2020

Riferimenti bibliografici: Chiara Maria Calcagni, Lettere scelte dal carteggio Ascoli-Monaci (1880/1906): trascrizione e commento, tesi di laurea, Sapienza Università di Roma, a.a. 2018-2019.

Collocazione: Archivio Monaci, Società Filologica Romana, presso il Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali, Sapienza, Università di Roma. Busta n. 1, fascicolo 49, lettera XCV

Contenuto: Lettera di Graziadio Isaia Ascoli a Ernesto Monaci del 22 marzo 1902.

Mittente: Graziadio Isaia Ascolti
Luogo di invio: Milano
Data di invio: 22.3.1902

Destinatario: Ernesto Monaci
Luogo di ricezione: ?
Data di ricezione: ?

Onorato e caro collega; spero che la Sua indisposizione sia cessata, e vengo prima di tutto a congratularmi per le buone disposizioni del GuidiIgnazio Guidi (1844-1935) e del BlasernaPietro Blaserna (1836-1918) Quanto alla prosa dell Com.m. De NegriCarlo De Negri (1846-1910), comprendo molto bene che non Le potrebbe piacere. Ma bisogna aver pazienza; e un nostro amico strettissimo mi assicura, che, non ostante la ruvidezza della forma, il De N.Carlo De Negri (1846-1910) punto non va tra i peggiori. Ella vincerà di certo ogni ostacolo, e io naturalmente sono a disposizione Sua. Per tutto quanto non le paresse non superflua la mia qualunque intervenzione.rinseiremo di certo e il merito sarà Suo; ma intanto non sarà forse fuori di luogo qualche ulteriore schiarimento.

L’idea del sign. De N.Carlo De Negri (1846-1910) di semplificare l’operazione ricorrendo a determinati spogli da chiedersi ai Comuni (e in ispecie vuol dire a spogli toponomastici delle sezioni rurali delle rispettive frazioni), non è punto nuova, e io di certo non la ho mai osteggiata, poiché io mi trovava nella condizione di chi pensa: ‘pigliamo comunque ciò che si può pigliare’. Ma come ottenere codesti spogli? Taluno diceva: Il ministro dell’IstruzioneNunzio Nasi (1850-1935) si rivolga ai rispettivi Comuni e spieghi loro l’importanza dell’opera a cui intendeva chiamarli e a cui del resto nessuna disposizione regolamentare li avrebbero obbligati. Al che si obbiettava: è troppo incerta cosa il decidere quali i Comuni avrebbero ad essere interpellati e quali no; troppo incerta cosa l’adesione dei Comuni che pure fossero interpellati; troppo incerto il modo in cui avrebbero eseguito lo spoglio pur quelli che aderissero; quand’era all’incontro manifesto che il postulato essenziale era aver lo spoglio di tutti i Comuni che avessero materia da offrirci e averlo da tutti al modo stesso.

A questo postulato risponderebbe lo spoglio che si facesse sul complesso generale delle buste che stanno raccolte presso la Direzione della Italianistica. Ma qui, è vero, c’è la plettora della suppellettile sterminata.

A ogni modo dello spediente di un appello del Ministro a un determinato numero di Comuni, nessuno ha mai più par. dopo il primo momento, lato. E la conservazione di tutte le buste presso la Direzione della Statistica, dopo che ne erano state estratte le schede contenenti i dati demografici, prova senz’altro che da quel cumulo di buste s’intendeva ritrovare l suppellettile toponomastica.

Nell’aprile del 1891 la compilazione di questa suppellettile fu nuovamente discussa e richiesta nel Congresso geograficoCongresso Geografico Italiano tenutosi in Milano. Io non ci potei assistere, per la sventura che appunto allora mi piombava addosso; e l’oratore fu PulléFrancesco Lorenzo Pullè (1850-1934) poche dopo, c’incontrammo in Roma, per certe commissioni, il PulléFrancesco Lorenzo Pullè (1850-1934) ed io, e si rinnovarono i discorsi col BodioLuigi Bodio (1840-1920) (a cui veramente si deve che la raccolta dei nomi fosse comunque riuscita) e col BoscoAugusto Bosco di Ruffino (1859-1906), ora diventato professore, ma allora cospicuo impiegato nella statistica. Si tiene tenne, e quattro insieme, una lunga seduta all’albergo di Milano e nessuno ha più toccato dell’idea di un ricorso particolare a un dato numero di Comuni.

È all’incontro derivato, da quella conferenza, l’incarico all’egregio BoscoAugusto Bosco di Ruffino (1859-1906) di tentare qualche omaggio circa la quantità del guadagno che la toponomastica avrebbe ritratto dallo spoglio delle buste. E non molti giorni dopo, egli ebbe la compiacenza di portar in Senato lo spoglio contenente alcune frazioni di Comune, scelte fra le diverse Province dello Stato. Il guadagno aveva a risultare dal rapporto tra l’unico nome, che sta per la data frazione di Comune nel Dizionario postale, e i diversi nomi che l’ulteriore frazionamento veniva a dare per la stessa frazione di Comune nella raccolta delle buste. Sarà stato, se ben ricordo, lo spoglio di una dozzina di frazioni di Comune. Una di Calabria dava il guadagno di uno a diciassette; una di Lombardia di uno a dieci; una del Piemonte, scarso guadagno; una di Sardegna (o forse d’altra regione), nessun guadagno; ecc. rimanemmo abbastanza confortati e si stabilì di estendere l’assaggio a un centinajo circa di frazione di comune. ritornato io poco appresso, e sempre sotto l’egida del BodioLuigi Bodio (1840-1920), all’ufficio della Statistica, non ci trovai più il BoscoAugusto Bosco di Ruffino (1859-1906), ma ebbi a trattenermi lungamente con un altro molto intelligente impiegato (il cui nome non posso più dire se sia AschieriAlessandro Aschieri (1862-1925) o RaseriEnrico Raseri (1854-1911)), che aveva la sua stanza piena di buste e continuava il lavoro. Pareva che di questa continuazione io dovessi ricever qualche notizia a Milano; ma io nulla più riseppi, tranne che dell’inquietudine, che in taluno era insorta, circa la conservazione delle buste.

A ogni modo, non mai alcun ritorno alla idea di nuove interpellanze ai Comuni. E qui tra parentesi, Le confesserò una ragion particolare, per la quale (se già tant’altro non ci fosse stato) a me doveva piùpiacere che si lavorasse sul cumulo generale che non sopra gli estratti di una data parte dei minori Comuni. È una ragione che non va addotta ai profani, perché non ridano. E sta in ciò: che le buste portano per tutti i Comuni, grandi e piccoli, i nomi delle via e delle piazze in cui risiedono i cittadini enumerati.

Posseder la raccolta dei nomi di tutte le vie i tutte le città, grandi e piccole, dell’Italia, e negligerla o lasciarla disperdere! Mi sarebbe parso un delitto.

Il grande impaccio è ora la mole eccessiva. Se l’operazione fosse potuta procedere razionalmente, quest’impaccio più non s’avrebbe. Poiché, a cagion d’esempio, le città di Roma, Milano, Napoli Napoli, daranno un centomila buste ciascuna.

Se si rinunziava al nome delle vie, altro non restava, dopo estrattene le schede, se non di distruggere tutte le quattrocentomila buste. E se pur non si rinunziava ai nomi delle vie, non si sarebbe però trattato di mantenere se non le buste portanti dei nomi in ispecial modo curiosi e perciò pochi; onde sempre veniva, sin dal primo momento, una grande estimazione di buste.

Ma ora che dunque si fa? Se una cerna tornasse possibile sul posto in cui le buste si trovano, bisognerebbe farla. Parmi però assolutamente improbabile che questa possibilità ci sia. E allora altro non resta che di trasportare tutto il cumulo, dato che questo possa capire nei locali che sono disponibili a Palazzo Corsini.

E la spesa? Non sarà poi cosa dell’altro mondo! A me del resto pare, che, senza parlare alle Camere di stanziamenti più o meno cospicui, i Ministri dell’IstruzioneMinistero della Pubblica Istruzione e dell’AgricolturaMinistero dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio potrebbero sin d’ora combinare un decretino, col quale sarebbe istituita presso i LinceiReale Accademia dei Lincei una Commissione che vegliasse all’ampliamento del Dizionario geografico italiano secondo le risultanze dei censimenti anagrafici, con quella modesta provvisione che la segreteria della Commissione e il particolare servizio richiederebbe, provvisione da prestarsi per giusta metà fra i due dicasteri. La Commissione riferirebbe, d’anno in anno, o da semestre in semestere, intorno al progresso dei lavori.

Ma io scrivo e scrivo, e nulla o troppo poco Le dico, ch’Ella già non sappia o preveda molto meglio di me. Dunque mi scusi e lavori impavidamente, che sarà di certo con la più viva soddisfazione di tutti noi del mestiere, e di tutti gli omini de’ buoni studi.

L’aff.moaffezionatissimo div.modivotissimo Suo

G. I. AscoliGraziadio Isaia Ascoli (1829-1907)