Appunti di Ernesto Monaci per il corso di Storia Comparata delle lingue e letterature neolatine 1908-1909

Informazioni sul documento

Trascrizione: Susanna Casacchia

Codifica: Susanna Casacchia

Data pubblicazione online: 11.6.2021

Riferimenti bibliografici: Susanna Casacchia,Tra didattica e comparatistica: Monaci e il mondo universitario, tesi di laurea, Sapienza Università di Roma, aa. 2018-2019.

Collocazione: Archivio Monaci, Società Filologica Romana, presso il Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali, Sapienza, Università di Roma. Busta n. 37, fascicolo 1520.

Contenuto: Il capitolo 1 del corso, trascritto solo in parte, contiene gli appunti di Ernesto Monaci sulla letteratura latina medievale, sui primi documenti delle lingue romanze, sulla distinzione tra chierici e giullari e sul processo di ripulitura linguistica operato dai trovadori. Il capitolo 2 del corso, trascritto solo in parte, contiene le riflessioni di Ernesto Monaci sui mutamenti che si iniziano ad avere col secolo XII in merito sopratutto alla tradizione lirica, che fornisce il primo esempio di elevazione delle povere favelle dialettali adoperate dai giullari. Si tratta di un secolo particolarmente produttivo anche dal punto di vista della produzione scolastica, della diffusione delle Università e dal punto di vista della nascita dei primi centri di attività trovadorica.

Capitolo I.

I

Nel sec.secolo VIII dopo Cristo il latino parlato, avanzatosi sempre più rapidamente nella sua evoluzione, aveva cominciato a frangersi in più quelle varietà donde poi emersero il franc.francese il prov.provenzale e le altre lingue sorelle. Il fatto coincideva anche col sorgere con i primordi delle nazioni romanze. Ma queste non pervennero subito ad affermarsi nei nuovi loro linguaggi siccome altre nazioni vicine, quali per esempio le germaniche. Ciò avvenne perché il germanico teutonico primitivo scomparve totalmente trasformato nelle favelle che da esso derivarono, laddove nel latino si era verificato uno sdoppiamento, e mentre quello parlato era scomparso dando nascimento alle lingue romanze, il latino scritto seguitò a vivere, che anzi entrò in una vita novella, non più di stento come nel sec.secolo VII, ma piena di rigoglio tostoché, risorto l’impero per opera di CarlomagnoCarlo Magno (0742-0814) e consolidatasi la Chiesa per l’appoggio dell’ imperatoreCarlo Magno (0742-0814) medesimo, il nuovo latino diventò la lingua ufficiale della Chiesa e dello Stato. Ambedue quei poteri, che vagheggiando un dominio universale, ritrovavano nel latino uno strumento che nessuna delle nuove lingue, ristrette nell’ambito delle rispettive nazionalità, avrebbe potuto offrire. Il latino era stato la lingua dell’antico impero romano, antico esso fu sin da principio la lingua della chiesa. cristiana Quale altra lingua avrebbe, con la stessa autorità e solennità, potuto diffondere per tutto l’orbe la parola dell’imperatore e del Pontefice? Quale lingua accomunerà meglio tutti i popoli soggetti? I pontefici anteriori ad Adriano IAdriano I (0700-0775) non avevano saputo trattenere questo latino dalla decadenza estrema a cui era giunto pervenuto già nel secolo VII. Ma CarlomagnoCarlo Magno (0742-0814), benché franco germano di nascita, volle ripararvi. I suoi capitolari furono le prime sanzioni che obbligarono i chierici a tornare allo studio del latino, egli medesimo diede l'esempio raccogliendo intorno a sè i migliori grammatici del suo tempo e inaugurando nella sua corte quella schola palatina, fatta intesa a ravvivare il gusto della latinità; e dal quel tempo cominciò nel nuovo latino a fiorire tutta una letteratura, che ebbe amplissimo sviluppo nei quattro secoli successivi e avvolse le nascenti lingue romanze lasciandole nelll'ombra, e impedendone per un pezzo contrastandone lo sviluppo /

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I pontefici anteriori ad Adriano IAdriano I (0700-0775) non avevano saputo trattenere questo latino dalla decadenza estrema a cui era pervenuto già nel secolo VII. Ma CarlomagnoCarlo Magno (0742-0814), benché germano d’origine, vi lle riparò, e si comprende facilmente la cura con cui egli - mentre pur faceva raccogliere le antichissime poesie germaniche per tener alto il sentimento dei suoi Franchi - diede pure opera a restaurare la cultura latina. Quello era il miglior mezzo per rinsaldare la compagine dell’antico impero e per tenere addietro il movimento delle nazionalità, le quali per l'impero erano altrettante minacce. I capitolari di CmagnoCarlo Magno (0742-0814) furono le prime sanzioni che obbligarono i chierici a tornare allo studio del latino; egli medesimo diede l’esempio raccogliendo intorno a sé i migliori grammatici del suo tempo, Paolo DiaconoPaolo Diacono (0720-0799), Pietro da PisaPietro Da Pisa (0744-0799),AlcuinoAlcuino di York (0735-0804) e altri molti, e inaugurando nella sua corte quella schola palatina che fu il primo focolare dove si ravvivò il gusto della latinità fu ravvivato; e da quel tempo cominciò nel in quel nuovo latino a fiorire tutta una letteratura aulica, che ebbe amplissimo sviluppo nei quattro secoli successivi e gettò nell’ombra le nascenti letterature romanze. /

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Fu quella una letter.letteratura che ottenne i migliori intelletti del tempo, gl’ingegni i più svegliati gli spiriti più ambiziosi. Diventò la espressione delle classi privilegiate, bastò per la stessa a sollevare gli umili ai più alti gradi dell’aristocrazia ed ebbe, come tale, una espansione quanta forse non aveva avuto nei secoli antichi. Alla letteratura latina del medioevo partecipavano non solamente tutti i popoli romanzi ma anche i tedeschi, gli slavi, gli anglosassoni, e forse non restò paese in occidente ove essa non penetrasse e non suscitasse cultori [più caratteri illeggibili] di chiesastica che fu dapprima, essa presto si laicizzò diventò mondana e non vi fu materia che restasse estranea alle sue elaborazioni, sì che ben la si potrebbe chiamare una letteratura universitaria enciclopedica, e nel suo rigoglio, essa assunse una ad una originalità che la distingue profondamente dalla più tarda letteratura degli umanisti tutta materiale d'imitazione. Nei latinisti del medioevo era invalso il principio che la lingua dovesse adattarsi ai tempi e non vi fu /

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arditezza da cui rifuggissero quando la trovarono opportuna. Modificarono l’ortografia, modificarono le regole della grammatica, modificarono la prosodia. Nella poesia prosodica versificazione portarono la rima creando armonie affatto nuove, e altre armonie trovarono creando la poesia ritmica e la poesia delle sequenze. Il senso musicale fu tanto in essi acuito che dal verso portarono la ricerca dell’armonia anche nella prosa e l’arte dei dictatores subordinò il periodo a leggi ben diverse di quella che avevano regolato il periodo da CiceroneMarco Tullio Cicerone a SimmacoQuinto Aurelio Simmaco (0340-0402) e a S.CiprianoTascio Cecilio Cipriano (0210-0258). Di questa letteratura, che per lungo tempo fu oggetto, nella età moderna, di irrisione prima che di studio, oggi si ormai si è cominciato a riconoscere l’importanza, e dalla considerazione di essa non si può potrà più prescindere quando si voglia studiare qualunque delle letterature moderne, sulle quali esercitò sempre influssi malefici ed ora anche benefici. E malefica fu certamente dapprincipio la sua azione rispetto alle lingue romanze, impedendone di cui trattenne per lungo tempo lo sviluppo, mantenendole per più secoli in una vita latente e rachitica e impedendo le nazioni novelle ai nuovi popoli di affermarsi nelle lingue loro proprie e nella piena coscienza delle loro nazionalità. /

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Col sec.secolo VII dell'eta moderna il latino parlato era pervenuto a differenziarsi tanto dal latino scritto o grammaticale, [più caratteri illeggibili] e tanto anche a diversificarsi da uno ad altro paese, che la sua primitiva unità ne rimaneva spezzata e nei varj paesi cominciavano già a disegnarsi, per quanto incerti e confusi alcuni, di tratti più caratteristici dei nuovi idiomi che dovevano poi prendere il posto del latino. Questo fatto coincideva coi primordi della nazione moderna e si verificava anche [più caratteri illeggibili]alle per le altre antiche lingue europee. Ma mentre [più caratteri illeggibili] il teutonico primitivo scompariva trasformato nel nuovo, il che anche pare accadeva del [più caratteri illeggibili], nel latino invece verificavasi uno sdoppiamento: quello il parlato si trasformava - come già detto nelle moderne lingue romanze e il latino scritto, diventato la lingua ufficiale della chiesa e delle leggi, [più caratteri illeggibili] cresceva di vigore e d'autorità, e per lungo tempo fu di ostacolo allo sviluppo delle lingue romanze e della loro cultura letteraria. Questa per lungo tempo non [più caratteri illeggibili] possibile se non in mente latina; e così i nuovi linguaggi per più secoli restarono in balia dei volgari, disprezzati dall'aristocrazia e impediti di affermarsi come espressione delle nazioni nascenti. Spetta alla Gallia il merito di aver primamente rotto le pastoje del latino [più caratteri illeggibili] più per volontà d'uomini che per necessità di cose. La Chiesa gallicana, visto che il popolo non comprendeva più l'acquisizione della dottrina cristiana fatta su libro il latino nel quale si [più caratteri illeggibili] la Bibbia., prescrisse agli ecclesiastici di spiegare la Bibbia. a seconda dei luoghi, in lingua romanza e in teutonica. Primo fu a ordinare ciò fu il concilio Turonense dell’813, e lo seguirono nello stesso secolo parecchi altri concili. Intanto al di fuori della chiesa si verificarono, [più caratteri illeggibili]. [più caratteri illeggibili] Famoso nella storia è l’avvenimento che diede luogo ai cosiddetti Giuramenti di Strasburgo.. Era il [più caratteri illeggibili] dell'a.anno 842... Così il volgare [più caratteri illeggibili] per necessità di cose trovava riconoscimento anche in atti ufficiali dello Stato. Nondimeno la consuetudine della cancelleria [più caratteri illeggibili] di corte e le tradizioni della letteratura ecclesiastica antica avrebbero seguitato a lungo ad essere di ostacolo al trionfo del volgare, senza l’opera dei giullari, i quali nelle corti [più caratteri illeggibili] feudali presero a celebrare le imprese guerresche dei loro signori, e a sollevarli con altri canti. /

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È per essi che i rozzi parleri del popolo cominciarono nel verso ad acquistare una certa regolarità. Ma, rozzi generalmente i giullari medesimi, essi non giunsero a dare ai nuovi linguaggi più che una prima ripulitura. La lingua delle chansons de geste conservò sempre un aspetto assai rude anche nei secoli più tardi e si deve ai trovadori lo avere raffinato il linguaggio e averlo portato elevato a tal grado di perfezione artistica da suscitare l’ammirazione di tutto l’Occidente, e destare l’emulazione delle nazioni sorelle che da essi ebbero i primi modelli esempi della poesia moderna. L'arte dei giullari si applicò tanto nella Francia del Nord quanto nella meridionale; ma l'epica [più caratteri illeggibili] giullaresca trovò nel nord un terreno più propizio che nel mezzogiorno, onde là ebbe maggiore svolgimento; Ma l'arte trovadorica fu indigena del mezzogiorno, ed essa fu la produzione più originale di tutta la letteratura di quella regione. I trovadori si fanno discendere in linea retta dai giullari; onde il loro apparire non si spiega senza qualche nozione sulla storia dei giullari medesimi. Disgraziatamente i primordi di quella storia sono oscurissimi, perché a ricostruirla non abbiamo per più secoli se non documenti che involontariamente ci forniscono i loro maggiori avversarj, i chierici. I giullari diffondevano le loro produzioni oralmente e i chierici, rimasti quasi soli depositarj della tradizione scritta, insegnavano di raccogliere [più caratteri illeggibili] quelle produzioni da [più caratteri illeggibili] loro disprezzate , e quando per caso o e per necessità dovettero pure conservarne addurne qualche brano, ciò non fecero se non travestendolo nel loro latino, siccome vediamo pare sia stato fatto dal frammento epico di Chlotario rege FrancorumClotario (0497-0561), che si trova inserito nella vita di S.FaroneFarone di Meaux (0596-0675). Così siamo ridotti, pei tempi più antichi, a non poterci valere che di semplici accenni che si sorprendono or nei Trattati di religione e di morale dove se ne parla per riprovarli, ora nei Canoni dei concili dove si vieta agli ecclesiastici ai chierici di avere qualunque rapporto con loro, ora nei Penitenziali dove si tratta delle sanzioni ecclesiastiche che dovevano colpirli. Gli stessi appellativi coi quali erano comunemente desi/

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gnati, ci fanno subito sentire l’abbiezione in cui eran tenuti da coloro che ne parlavano. I Jouculares o joculatores erano indifferentemente chiamati anche scurrae, mimi, pantomimi, histriones, ludiones, saltatores, funamboli; [più caratteri illeggibili] ma quantunque nel mestiere che essi esercitavano entrasse veramente anche il saltimbanco, il prestigiatore, il funambolo, il buffone e simili, certo è che in quel mestiere aveva parte anche la musica, il canto e la recitazione. [più caratteri illeggibili] Di qui i nomi di citharista, di fubicines, di lyricines, di viellatores che pur troviamo dati loro non di rado, ed è ovvio che a seconda delle attitudini individuali e del favore che incontravano, molti col tempo si venissero specializzando, e mentre alcuni restavano nelle funzioni più basse e vili del mestiere, altri si dedicassero alle meno ignobili sino a farne un’arte ammirata e rispettata, da attirare a sé, non solamente oltre i figli della plebe, ma anche chierici i figli di nobili e perfino i chierici. Ciò si verifica principalmente nei secoli XII e XIII, ma non dovettero mancarne esempi anche prima, e di qui si spiega, come nei loro documenti più antichi tanto si ritrovi comune. alla letteratura di chiesa. La più antica menzione di joculator vuolsi occorra in SalvianoSalviano di Marsiglia (0400-0490) (sec. V). Fra i Concilii quello di Agde dell’a.anno 506 sembra sia il primo a parlarne quando minacci pene al chierico [più caratteri illeggibili]“scurrilem et verbis turpibus jocultatorem”. Dopo questi tempi sempre più spesso avviene di trovarli nominati. Se ne incontrano per tutti i paesi romanzi e anche in Inghilterra, dove penetrarono con i Normanni; ma nessun paese sembra che ne abbia tanto abbondato quanto la Gallia, e nella Gallia stessa la parte meridionale più ancora della settentrionale. Della loro produzione i più antichi monumenti conosciuti risalgono ai secoli IX, X, XI. *Del sec.secoloX è il Poema su

*Del sec.secolo IX, in franc.francese puro, è la cantilena di S. Eulalia. di una forma poetica non fu ancora abbastanza sicuramente definita, ma che ben corrisponde al tipo della sequenza notheriana (?) (Facs.Facsimile t. 86) /

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su la Passione di Cristo in 129 stanze ciascuna di quattro ottosillabi rimasti a coppia, dove le forme provenzali si alternano con forme francesi (TAP. XV, 27-34). Allo stesso secolo appartiene la redazione provenzalizzata del Vita di S.LeodegarioLeodegario di Autun (0615-0679), composta originariamente in francese, anch’essa a stanze di ottosillabi assonanzati a coppia, che il ParisGaston Paris (1839-1907) considera quale il più antico poema in francese in versi regolari che sia pervenuto a noi (L [più caratteri illeggibili] .§ 146). E con forme pure miste di provenzale e di francese troviamo nel sec.secolo XI lo Sponsus., che è un dramma liturgico da rannodare al ciclo detto dei Profeti, ove il latino si afferma col volgare e la composizione ha un carattere quasi affatto lirico (ParisGaston Paris (1839-1907), L [più caratteri illeggibili]. § 165). Una farcitura pure di latino e di volgare è la cosiddetta Alba bilingue. del Cod.Codice Vat.Vaticano Reg.Reginense 1462 , che della quale non si potrà finora assegnare con sicurezza stabilire se provenga dalle Gallie ovvero dalla vicina Ladinia, ma che pur sempre ci rappresenta un altro dei rari saggi della poesia volgare primitiva, e questo indubbiamente opera non di un giullare ma di un chierico, il quale però fonde nel suo componimento un ritornello di carattere giullaresco non dubbio(Facs.Facssimile AMss. N°. 57). Finalmente alcune poesie religiose trovate in un ms. dell’Abaz.Abazia di S.Martial de Limoges. E da questi umili seggi si sale ben presto nella Francia del nord alla Chanson di S. Alessio., alla Chansondel Pellegrinaggio di Carlomagno. e alla ch.de Roland., nella Gallia meridionale alla S.Fides. e alla Ch.de Girart de Rossilhon.. Ma qui avviene di domandare tutti i documenti fin qui ricordati sono da assegnare tutti alla letter.letteratura giullaresca? Non sembra che i giullari primitivi componessero essi stessi le opere che andava cantando in mezzo al popolo. Ma nella Gallia merid.meridionale l’incivilimento aveva progredito molto più che nella Gallia settentr.settentrionale e ben presto là troviamo giullari quali CercamonCercamon (1135-1145) MacrabrusMarcabruno ed altri, l’opera poetica dei quali apparisce ben diversa /

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La differenza che corre fra queste ultime composizioni e le altre indicate qui sopra, è grande, e di qualcuna perfino si dubitò se vi dovesse riconoscere l’opera di un chierico piuttosto che di un giullare. Dell'influsso letterario dei chierici sulla letteratura dei giullari non mancano tracce anche nelle altre composizioni anteriori, per chi sappia intuirle; e il fatto si spiega, sia perché - come già si è detto - nella famiglia dei giullari penetrarono anche i chierici; sia perché molti giullari ebbero contatto con le scuole e dai libri dei chierici non di rado attinsero materia per le loro composizioni, in ispecie quando trattatavasi di argomenti religiosi. Ciò in alcuni casi si accerta per riscontri che ne troviamo in testi latini, come già si verificò per la cantilena di Santa Eulalia. e per la Vita di S. Leodgario.; in altri casi lo troviamo ci viene dichiarato esplicitamente dall’autore medesimo. Così l’anonimo autore della S.Fides. non pretende di aver composto il suo racconto ex novo, ma nell’esordio dice che quella storia è già conosciuta fra i Baschi e in Aragona e in Guascogna; egli la sentì leggere da chierichetti e da buoni grammatici come è nella passione che trovasi nei lezionarj e gli tornò in mente un giorno che, all’ombra di un pino, sentì leggere un libro latino dei tempi antichi, dove si parlava di tutto, in ispecie del padre del re Licinoe della stirpe di MassiminoMassimino il Trace (0173-0238), che perseguitavano i santi come il cacciatore fa dei cervi (RomaniaRomania. Revue trimestrielle consacrée à l’étude des langues et des littératures romanes, 1872-., 122-3). Quanto più si discende nel tempo, tanto più vediamo crescere tali influssi anche per un’altra ragione. I chierici, dopo che il volgare della poesia giullaresca cominciò a trovar favore, non solamente presso le plebi, ma anche nella società feudale, in quella casta cioè dove il latino [più caratteri illeggibili] di studio non poteva fare troppo presa troppo essere gradito , presero anch’essi a coltivare il volgare. All’opposizione cominciò a sostituirsi la emulazione, e una prova cospicua di ciò l’abbiamo nel cosiddetto Boeci.. /

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Con tal titolo si designa comunemente un frammento di un poema ove si prese a verseggiare la vita di BoezioSeverino Boezio (0480-0524) e ad esporre la materia dei cinque libri Philosophiae consolationis. del medesimo. Per noi importa fermarci un istante su la sua storia esterna di quel frammento. Esso trovasi in un codice che oggi si conserva nella Biblioteca di OrléansBiblioteca di Orléans ma che anteriormente appartenne alla biblioteca dell’Abbazia di FleuryBiblioteca dell’Abbazia di Fleury detta altrimenti l’Abbazia di Saint-Benoît-sur-Loire, e colà si ritiene che sia stato scritto. L’abbazia di Fleury, fondata nel sec.secolo VI, vantavasi di possedere il corpo di S. BenedettoSan Bernardino (1380-1444) ivi trasportato da Montecassino; e così, arricchita presto da lasciti e da donazioni, era diventata una delle principali abbazie della Francia. Nel sec.secolo X, riformato il monastero di Oddone di CluniOddone di Cluny (0878-0942), divenne celebre anche per la sua scuola e la sua biblioteca, e crebbe la sua rinomanza da quando quando Leone VIILeone VII (?-0939) papa lo ebbe esentato dalla giurisdizione episcopale dichiarandone l’abbate capo di tutti gli abati della Francia, e ne fu eletto abbate GauzlinGauzlin (0834-0886) figlio di Ugo CapetoUgo Capeto (0940-0996) re di Francia, dopo di essere stato pure educato. A quell’epoca - scrive il RaynouardFrançois Just Marie Raynouard (1761-1836) che raccolse queste notizie - nella scuola di Fleury si contavano, fra religiosi ed esterni, cinque mila studenti; e poiché ogni studente era tenuto a dare per onorario o retribuzione due manoscritti ciascun anno, si comprende di leggieri quanta ricchezza di libri vi si dovette presto accumulare. Ora è da quel grande centro di coltura scolastica che uscì il Boecis., probabilmente negli stessi anni in cui là si trovava il figlio di Ugo CapetoUgo Capeto (0940-0996), e per questo frammento vediamo il provenzale cominciare a prender posto accanto al latino anche in uno dei principali istituti d’educazione di quella età. Notevole in esso è la purezza della lingua quale si ritroverà più tardi soltanto nell’uso trovadorico; notevole /

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ancora la forma poetica, che è quella propria delle chansons de geste, con la differenza però che invece dell’assonanza qui già si trova adoperata quasi senza eccezione la rima piena. Nel contesto l’anonimo autore si rivolge agli enfantz e con questo appellativo ci fa sempre meglio conoscere la classe di persone a cui l’opera sua fu destinata. Un altro frammento, pure dell’XI secolo, proveniente da altra parte della Francia meridionale, mette anche più del Boecis. in evidenza la emulazione che erasi destata fra i chierici rispetto alla letteratura volgare, che anzi qui si afferma decisamente l’antagonismo. L’autore è un monaco, che da altre fonti risulta essersi chiamato AlbericoAntonio Labriola (1843-1904) ed essere stato nativo di Besançon o di Briançon. Ora questo monaco imprende a narrare storia di Alessandro MagnoAlessandro Magno (0356-0323) quale già correva nella letteratura bizantina e romana degli ultimi secoli, e pervenuto a un punto che per a lui pareva controverso, quello cioè dei genitori dell’eroe, se n’esce in queste parole: Alcuni trovadori dicono che AlessandroAlessandro Magno (0356-0323) fu figlio di un incantatore; ma quei felloni perfidi adulatori, lusingatori, mentiscono e fareste male a credere a uno solo di loro…ecc. Notevole in questo passo la menzione dei trovadori che qui [più caratteri illeggibili] s’incontra per la prima volta confondendo i trovadori coi giullari o piuttosto scambiandoli. Allora dovevano già vivere i trovadori Ebles de VentadornEbolo II di Ventadorn (1086-1155) e Guglielmo IX d’AquitaniaGuglielmo IX d'Aquitania (1071-1127); ma nulla permette di credere che essi abbiano cantato le gesta di Alessandro MagnoAlessandro Magno (0356-0323). Meno inverosimile che ne fosse già stato cantato da qualche giullare. Certo è che della poesia profana dei giullari di quei secoli andò quasi tutto perduto, quantunque essa deb/

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ba essere stata già copiosa forse che non quella di carattere religioso. In ispecie le romanze, le danze o canzoni a ballo e le chansons, l’histoire o de toile, [più caratteri illeggibili] opere queste indubbiamente giulleresche, dovettero già circolare nel sec.secolo XI. Ma, fra quante ne restano, nessuna può dirsi [più caratteri illeggibili] anteriore al sec.secolo XII, se non forse quelle due francesi che prendono nome da Erembor e da Orior, e quella provenzale di cui abbiamo solamente il principio:

El bosc d’Ardena josta l palais ausor A la fenestra de la plus auta tor…

Simili canti, di carattere epico-lirico, furono detti de toile ossia di tessitrici, perché - come disse il ParisGaston Paris (1839-1907) (Esquisse. §34)- fatti a sollievo delle lunghe ore di lavoro nei ginecei; e oggi meglio ancora si spiega quell’appellativo così speciale che ebbero, dacché sappiamo che fra tessitori e tessitrici primamente si diffuse nell’XI secolo il catarismo e con questo l’aborrimento del latino. Per essi furono fatte le prime traduzioni volgari della Bibbia. che la chiesa presto interdisse; per essi furono composti in volgare cantici devoti e formole religiose che più tardi l’Inquisizione si studiò in ogni modo di distruggere, e per essi dovettero prender voga anche le canzoni profane con cui alleviavano le loro penose fatiche e che naturalmente andarono perdute nella persecuzione che li travolse (v. G. VolpeGioacchino Volpe (1876-1971) nel Rinnovamento, 1907). Così per tutto questo periodo che corre dall’VIII alla fine del sec.secolo XI, non troviamo da un capo all’altro delle Gallie se non poche reliquie, e dobbiamo giungere al secolo seguente per trovare una letteratura volgare non più saltuaria e a frammenti, ma continuata e [più caratteri illeggibili] di tanta ricchezza che mal si spiegherebbe a confronto del periodo che precede, se non si tenesse ben conto del profondo mutamento che intanto era venuto a maturarsi nella Società al di /

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là e al di qua della Loira, onde anche pur si ebbero due letterature abbastanza diverse fra loro non solamente per lingua ma anche per indole e contenuto. A farsi un’idea di tale mutamento e del conseguente sviluppo diverso delle due letterature si cominci dall’osservare le condizioni politiche delle due regioni. La Gallia del nord nei secoli della monarchia carolingia aveva perduto ogni traccia dell’organizzazione municipale romana, [più caratteri illeggibili] e mentre nella Gallia meridionale i signori, benché separati dal popolo, avevano seguitato a vivere dentro le mura della città, nel Nord la vita signorile si era ritirata nei castelli e più dell’altra si era inselvatichita. Le guerre continue che imperversarono nel nord durante i secoli IX e X, non altrettanto turbarono la Gallia meridionale, ove poi la tregua di Dio, prima che altrove, cominciò ad assicurarne a tutti qualche ora di pace a tutti. Nella educazione militare intanto penetrava [più caratteri illeggibili]quel sentimento che farà fece sorgere la cavalleria, e questa umanizzava l’uomo di guerra, [più caratteri illeggibili] lo eccitava a farsi vindice della giustizia conculcata a tutore dei deboli e degli oppressi. Contemporaneamente la legge che pareggiava la donna all’uomo nella investitura feudale e nella signoria, mutava le condizioni di lei nella società, ed elevandola al potere, la rendeva oggetto di ambizioni e di omaggio che, per la differenza sessuale, diventavano galanteria e culto. Le eresie che allora spuntano dovunque, dimostrano un risveglio del sentimento religioso, e mentre gli intelletti più robusti si affinano portando la discussione su tutto, dalla disciplina ecclesiastica ai drammi, [più caratteri illeggibili] nel popolo si ravviva l’antico fervore dei pellegrinaggi. Masse numerose per la Spagna si dirigono a S. Jacopo di Galizia; per l’Italia a Roma, al Monte Gargano, a S. Michele di Puglia; per l’Oriente al Santo Sepolcro. Lungo i viaggi si alternano canti religiosi e profani; nelle soste si piglia riposo ascoltando racconti devoti e non devoti; dopo il ritorno si celebrano le cose vedute e non vedute, si sveglia negli uditori la curiosità dei paesi lontani, lo spirito d’avventura, l’avidità delle grandi rapine. Fra il 1016 e il 1047 abbiamo l’espansione dei Normanni nelle /

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Puglie e nella Sicilia; nel 1066 altri Normanni e francesi muovono alla conquista dell’Inghilterra; nel 1086 RaimondoRaimondo di Borgogna (1070-1107) principe di Borgogna, con un manipolo di cavalieri va in soccorso di Alfonso VI di CastigliaAlfonso VI di Castiglia (1030-1109) e lo aiuta a riprendere Toledo ai Mori; nel 1093 Enrico di BorgognaEnrico di Borgogna (1066-1112) va con altri francesi in Portogallo e compie altre imprese contro i Mori. Finalmente nel 1095 comincia il movimento delle Crociate; ed ecco che in poco tempo quella nazione rozza e immiserita ch’era la Francia del nord e con essa l’Aquitania ch’era in condizioni assai più prospere, vengono a contatto di altri popoli, di altre civiltà, di altri costumi, e dall’Italia, dalla Spagna, dalla Grecia, dalla Palestina, da tutto l’Oriente traggono nuovi elementi di progresso. Di tale progresso sorprendiamo subito segni manifesti nell’architettura. Alla romana è giù succeduta la romania con [più caratteri illeggibili] tratti propri ma che pur seguita ad essere caratterizzata dall’arco a centro pieno. Ma essa prende proporzioni più vaste; nella costruzione delle volte si mostra più ardita; le torri, prima destinate alla gaite e alle scolte, poi alle campane, fiancheggiano e dominano l’edifizio. S. Stefano a Nevers, S.Ilario a Poitiers, S. Trofino ad Arles, la Catedrale ed Angoulême offrono i più antichi esempi di questa architettura degli ultimi tempi feudali che riconosce il suo prototipo nel Monastero di Cluny cominciato nel 1089. In questa architettura gli stati furono i primi architetti, i monaci i primi decoratori, che arricchivano l’opera loro di sculture e [più caratteri illeggibili] pitture. Ma col sec.secolo XII l’arte passa al laicato e in questa nuova fase trova una forma nuova, detta l’arte ogivale. Essa si contrappone alla romanica con l’arco a sesto acuto, formato da due archi a centro pieno che si rinforzano incontrandosi e incrociandosi. Sorprende il vedere qual profitto seppe trarre la nuova estetica da uno spediente dapprima non ad altro inteso che a fortificare le volte. Nulla di più diverso che un tempio greco o romano da una chiesa ogivale. La prima differenza è nelle proporzioni. Il Partenone di Atene occupa 4000 metri di superficie (Rambaud, p. 384), le cattedrale di Amiens ne occupa 7000!

Capitolo II.

I

1. Col sec.secolo XII s’inizia per la Provenza - siccome avviene pure per la Francia del Nord - un nuovo periodo, e questo di piena attività in tutte le branche della letteratura da un capo all’altro della regione. Epica e lirica, didattica e drammatica si elevano dagli umili saggi dei secoli precedenti, e la lirica in ispecie assume tale originalità e assurge a tanta altezza da prender posto nella storia dell’incivilimento moderno non solo per aver fornito, siccome notava il Langlade, i primi modelli della poesia d’arte a tutte le altre nazioni d’Occidente, ma anche per aver dato il primo esempio di elevazione delle primitive povere favelle dialettali adoperate dai giullari, e così aver creato il primo idioma letterario che risonasse in Europa dopo la caduta di Roma.

2. Ciò Può parere strano che ciò [più caratteri illeggibili]avvenisse in un momento in cui la rinnovata letteratura latina vigoreggiò maggiormente, e mentre affiorava tutto il portato della cultura scolastica ravvivatasi da Carlo MagnoCarlo Magno (0742-0814) in poi. /

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Allora, oltre i monasteri divenuti sempre più numerosi e ricchi, concorrevano le università a favorire la espansione del nuovo latino. [più caratteri illeggibili]. Nei chiostri Adamo da San VittoreAdamo di San Vittore (1112-1192) portava la sequenza al suo ultimo sviluppo, la ornava dola di tutti gli abbellimenti di cui fu capace l’arte ritmica e la sollevava dola alle maggiori altezza del misticismo; dalle Università uscivano poemi come l’AlessandreideGualtiero di Châtillon, Alexandreis. di Gualtiero di ChatillonGualtiero di Châtillon (1135-1180) in cui [più caratteri illeggibili] felicemente imitò l’Eneide Publio Virgilio Marone , Eneide, 0029-0019.; Apologhi e Commedie che lungamente circolarono con i libri di FedroFedro, di OvidioFrancesco D’Ovidio (1849-1925) e di altri classici e uscivano anche i canti goliardici, che all’improvviso parvero richiamare l’umanità dai torpori dell’ascetismo alle gioie e alle tempeste della vita terrena, e nella varietà lussureggiante delle loro forme poetiche, nella scioltezza realistica del loro linguaggio, nella arditezza delle loro parodie, [più caratteri illeggibili] sonavano come il preludio di un’era nuova. /

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Ma il latino aveva fatto il suo tempo, aveva compiuta la sua gloriosa missione. Poté seguire a vivere e anche a gettar fiori in mezzo alla casta che più si era appartata dalla nazione, la casta degli ecclesiastici e degli scolastici; ma alla nazione non poteva bastar più una linguaggio fittizia raffazonata e imparaticcia. A sentimenti nuovi abbisognava una lingua nuova che avesse la sua base in un nell' uso linguaggio idioma reale, quello vivente sulle labbra del suo popolo. Questo diedero i trovadori al popolo della Gallia meridionale; e ben si comprende com’essi furono gli autori di tale rinnovamento, quando si consideri che i primi di loro usciron tutti dalla casta feudale, la più refrattaria per educazione e per costumi alla coltura scolastica, e perciò anche la meglio disposta a secondare l’uso comune e perfezionarlo, compiendo l’opera dai giullari iniziata attorno alle fa loro famiglie, nel seno delle loro magnade. Così i trovadori, non solamente per ragione cronologica, ma anche per la maggiore loro importanza, primi debbono entrare nella storia di questo periodo. /

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3. A conoscere i trovadori e le loro opere oggi soccorrono circa quaranta quarantasei manoscritti (ved.vedi TAP. col X, r. 50 e 55.), dai quali si raccolgono oltre 4000 poesie spettanti a circa quattrocento autori. Di quasi un altro centinajo, [più caratteri illeggibili] o poco meno , di autori non conosciamo rimane più che il nome. E se si pensa che dei mss. conservatici nessuno [più caratteri illeggibili] risale più su della fine 2.ᵃ metà del sec.secolo XIII; che appena due di essi provengono direttamente dalla Provenza, laddove gli altri sono quasi tutti d’origine italiana; che nessuna poesia trovadorica è pervenuta a noi in rotoli o in quaderni, che dovettero essere le prime forme su cui circolarono quelle poesie cioè nella forma in cui esse primamente circolarono, s’intuisce facilmente que che molto dovette andare perduto; nel che, oltre la voracità del tempo, dovettero avere non poca parte gli sterminj della guerra albigese durata dal (1209 al 29), [più caratteri illeggibili] i terrori della S. Inquisizione fondata in Provenza nel 1232, le scomuniche lanciate contro la lingua stessa provenzale [più caratteri illeggibili] da due papi , se è esatto quanto riferivano il FaurielClaude Fauriel (1772-1884) e l’Oddo. Non a torto quindi Fed. DiezFriedrich Christian Diez (1794-1876) cominciava il suo aureo libro intorno alla poesia dei trovadori con queste parole: I primordi della storia dei trovatori si nascondono sotto il velo che ricopre i primi tempi storici. [più caratteri illeggibili] /

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4. Anche la storia dei trovadori pertanto ci viene innanzi oggi a frammenti, massima pei primordj; quantun ma non così che non sia dato almeno d’intravedere quanto di più può interessare circa la loro origine. Tra la fine del sec.secolo XI e il principio del XII vediamo un pro centro di attività trovadorica formarsi nell’Aquitania alla corte di quei duchi; un altro poco dopo appariva a Narbona nella corte della viscontessa (1143-1192) ErmengardaErmengarda di Narbona (1127-1196), contemporaneamente nello stesso tempo poco dopo altri se ne formano presso i conti di Provenza (1185-1245) presso quelli di Tolosa (1148-1194), presso i visconti di MPellier (1172-1204), presso BarralBarrale di Marsiglia visconte di Marsiglia (circa 1180-1192), presso Guglielmo IVGuglielmo di Baux (1155-1216)signore d’Orange (1182-1219), presso Roberto I delfino d'AlverniaRoberto I delfino d'Alvernia (1150-1234) (1169-1234) presso i conti di Rodez (1274-1302), e via via altri centri formarsi nella Spagna in Catalogna, in Aragona, in Castiglia, nell’Italia presso il Marchese (1192-1207) di Monferrato e presso quelli d’Este (1196-1264). allo stesso tempo e successivamente altri simili centri, ne vediamo formarsi presso i conti di Tolosa (1148-1194),

" Roberto I delfino d’AlverniaRoberto I delfino d'Alvernia (1150-1234) (1169-1234)

" i Visconti di Montpellier (1172-1204)

" i Visconti di Marsiglia (1180-1192)

" i Visconti d’Orange (1182-1219)

" i Conti di Provenza (1185-1245)

senza dire di altri centri minori, taluno dei quali antichissimo, come quello di Eble II visconte di VentadornEbolo de Ventadorn (1086-1155) nel Limosino intorno al quale non ci restano che alcuni ricordi. /

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Accanto a questi, che furono in Provenza nella Gallia meridionale i centri principali della poesia trovadorica, altri se n’ebbero minori, siccome quello antichissimo dei Visconti di Ventadorn, intorno il quale non restano se non alcuni ricordi. 5. Ma chi furono propriamente i trovadori? in che modo essi si distinsero dai giullari? Trobaire, tro bador fu in prov.provenzale un derivato di trobar, antico it.italiano trovare che significò non poetare solamente ma significò insieme che adoperavasi nel significato non solamente di “poetare insieme a musicare”. Frequente è nelle loro poesia ma insieme anche d’ “inventare” o “invenire”, come il vento di saper comporre bella musica non dicevasi del nuovo latino, e inventare meno che bei versi bador fu in prov.provenzale un derivato di trobar, verbo che significò non poetare soltanto , come l'a.antico it.italiano. trovare, ma significò “poetare insieme e musicare” insieme. Fra le spiegazioni finora date dell’etimologia di questo verbo che non è nell'a.antico latino, la più accettabile è parsa quella di G. ParisGaston Paris (1839-1907), il quale derivò trobar da tropare, cioè comporre tropi, che erano formole di poesie liturgica destinate al canto. In questo senso nulla di più /

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proprio poteva [più caratteri illeggibili] darsi a designare l’opera dei trovadori. Ed essi frequentemente menavan vanto della duplice qualità di poeti e di musicisti, come per altri di loro fu nota di deficienza il saper comporre buoni versi senza saperli masticare, o saper fare buona musica senza unirvi buoni versi. /