Appunti per la storia della filologia romanza dagli antichi grammatici al Raynouard, al Diez, all'Ascoli. Gli elementi ladini delle Glosse di Cassel

Informazioni sul documento

Trascrizione: Samuele Autorino

Codifica: Samuele Autorino

Data pubblicazione online: 23.3.2021

Riferimenti bibliografici: .

Collocazione: Archivio Monaci, Società Filologica Romana, presso il Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali, Sapienza, Università di Roma. Busta n. 39, fascicolo 1527.

Contenuto: Le carte di cui si offre un'edizione sono relative non al corso nella sua interezza, ma soltanto alla prima parte, nella quale Monaci ripercorre le tappe principali che hanno condotto all'affermazione della filologia romanza come disciplina autonoma e pienamente scientifica. Segue un'analisi dedicata a diverse delle voci contenute nell'Appendix Probi.

Nozioni generali di filologia romanza pel momento presente.

Il momento che attraversiamo è tale che tutto sembra alienarci dagli studi, specialmente da quelli a cui è destinata quest’aula in quest’ora.

Ma se si considera che filologia romanza e studio delle nostre antichità nazionali sono una stessa cosa, il pensare a questa materia deve parerci tutt’altro che intempestivo in questo momento.

/

Il grido d’allarme che si è sollevato nel dominio degli studi classici, fortunatamente non può ripetersi per noi, perché negli studi nostri l’Italia da parecchi anni s’è desta e ha prodotto non poco per far contare all’estero la sua parte. Ma non fu fatto abbastanza; moltissimo resta da fare e oggi, lo ripeto, dobbiamo cominciare da una rassegna di quello che fu fatto e di quello che resta da fare.

Prima di tutto: quali sussidi avevamo finora per acquistare una notizia generale della filol. rom. e delle varie parti in cui essa si divide?

Manuale del Neumann del Koerting (sic.) del GroberGustav Gröber (1844-1911)
Loro principali difetti, necessità di adattamento alle nostre scuole. Quel che si era cominciato a fare….

/

Perciò se fino a jeri bastavano alcuni cenni generali intorno alla filol. romanza, oggi abbisogna qualche cosa di più: oltre quello che si è fatto, oggi importa sapere anche quello che resta da fare. Perché? Perché, se in passato si lasciò fare su le cose nostre molto agli stranieri, oggi non è più lecito che ci rassegniamo a questo disinteressamento, a questa acquiescenza. Ciò che riguarda le cose nostre, non dobbiamo più farcele insegnare dagli altri. Dobbiamo noi essere i primi a insegnarlo, e si deve sapere che chi vuol lavorare, chi non può trovarsi là dove si combatte per la patria, troverà un altro campo ove potrà farsi onore anch’esso. La guerra oggi si combatte non solamente con le armi, ma anche con la scienza. La Germania ce l’insegna. L’Italia deve conquistare molto anche in questo campo: deve riguadagnare il tempo perduto, deve fronteggiare l’opera straniera che in avvenire s’intensificherà più che in passato. Si guardi agli studi tedeschi su la Francia dal ’70 in poi.

/

Nozioni generali di filologia romanza.

Questa seconda parte del nostro corso la dedico alle nozioni generali intorno alla filologia romanza; e quest’anno intendo di trattarne meno succintamente che negli anni passati, perché, oltre la ragione che, per avviarsi nello studio della materia nostra il miglior modo è conoscerne la storia, oggi si aggiunge un’altra ragione: quella che con l’anno testé spirato s’è chiuso tutto un periodo nella storia della filol. romanza, e con l’anno che comincia si sta per entrare in un periodo nuovo. Utile dunque più che mai tirare oggi la somma dei progressi conseguiti fino a jeri. Soltanto così noi potremo più sicuramente e più speditamente rivolgerci verso l’avvenire e sapere quali sono i problemi alla cui soluzione giovi meglio indirizzare gli studj futuri; e questo dico soprattutto perché, se fino a ieri si poté in Italia guardare questi studi con freddezza e anche / con disinteressamento, omai si dovrà riconoscere che, seguitando a lasciar fare agli stranieri ciò che dovrebb’esser fatto da noi, ne verrebbe danno e vergogna al nome italiano.

Non si creda che la guerra distoglierà omai la Germania dagli studi nostri. Noi vedremo anzi questi studi intensificarsi colà, come vi si intensificarono gli studi francesi dal 1870 in poi. Né ciò deve meravigliare. Oggi la guerra si combatte non solo con le armi ma anche con la scienza, ed è stata proprio la Germania a darne un insegnamento.

Quanti dunque non hanno la fortuna di trovarsi oggi là dove si combatte per la riconquista dei nostri confini naturali, pensino e si consolino che anche a loro è riser/vata un’altra e non piccola parte di questa guerra, quella di fronteggiare la invasione scientifica. Questo è il compito della generazione che ora sorge, e a questo compito deve prepararla la scuola italiana.

Da «Utile dunque» a «[…] con freddezza e anche» la carta è interessata da segni di penna verticali a indicare una probabile espunzione. Gli stessi segni non proseguono però nelle due carte successive, dove il ragionamento prosegue in continuità con il testo della parte espunta.
/

Se in tutte le scienze è ormai riconosciuto che studiarne la storia porge il migliore avviamento ad apprenderne la dottrina, ciò torna tanto più utile nella filologia, la quale è essenzialmente una scienza storica e nei diversi modi con cui la storia fu compresa si trova la ragione de’ suoi errori, del suo sviluppo e del suo progredire. Oggi poi a questo motivo d’ordine generale un’altro (sic.) se ne aggiunge tutto speciale e proprio del momento che attraversiamo. Gli è che, come in altre contingenze, anche nella filologia con l’anno che è spirato, s’è chiuso un periodo e sta per cominciarne un nuovo. Ora, in questo momento noi ci troviamo di fronte ad incognite che non possono non debbono lasciarci indifferenti.

Fino a jeri gli studj romanzi, cioè gli studi su le nostre antichità nazionali, dopo essersi rinnovati in Germania, progredirono sì per opera italiana, ma non tanto che oggi non sia doveroso / riconoscere una grande parte anche alla collaborazione straniera. Domani non dovrebbe essere più così. I progressi della scienza su le cose nostre dobbiamo promuoverli noi. Se stranieri ci prevenissero, l’Italia n’avrebbe vergogna e di quella vergogna la colpa ricadrebbe su noi. Domani non sarà più come jeri, che la priorità dell’iniziativa aveva conferito quasi un dritto (sic.) agli stranieri di seguitare a lavorare i campi nostri, dritto avvalorato dalla nostra acquiescenza e spesso anche dalle nostre rinuncie (sic.) e dal nostro gradimento. Quel dritto ormai è caduto con la guerra che oggi si combatte; ma ciò non impedirà, né noi avremmo ragione d’impedirlo, / che gli stranieri seguitino a studiare su le cose nostre. Possiamo anzi esser certi che, in Germania specialmente, gli studi su l’Italia s’intensificheranno, come s’intensificarono gli studi della Germania su la Francia dal 1870 in poi.

Le guerre, le lotte fra popoli e popoli, oggi non si combattono più soltanto con le armi; ma si combattono anche con i commerci e soprattutto con la scienza, e dalla Germania ne abbiamo i maggiori esempi.

Noi dunque, quanti ci troviamo oggi lontani dai nostri fratelli che pugnano per la redenzione delle ultime terre italiane, dobbiamo pensare che quella redenzione non sarà completa prima che ne’ vari dominj della scienza non si sia conseguito altrettanto di quello che attendiamo dalle armi.

/

Incipit vita nova

Quanti non ebbero la fortuna di prender parte a questa santa guerra che integrerà l’Italia, debbono oggi pensare che anche a loro è riservato un grande compito, e se mancassero di adempirlo, si renderebbero indegni di quei fratelli che per la redenzione della patria fecero olocausto della loro vita.

Quale sarà questo compito?
Riparare della guerra il danno immenso patito; promuovere la restaurazione economica del paese e cooperare alla sua emancipazione e al recupero della sua indipendenza nelle industrie, nelle arti, nel commercio. In tutto ciò finora restammo soggetti alle nazioni straniere. Finita la guerra, dovremo dire a noi stessi: incipit vita nova.

/

Ho trovato sempre utile nei miei corsi far entrare una qualche nozione sulla storia della filol. romanza; ma quest’anno ciò credo non solamente utile, ma necessario. Anche pei nostri studi col 1915 si è chiuso un periodo storico, e dall’anno ch’è ora entrato se ne comincerà un altro. Per orientarci dinanzi alle incognite dell’avvenire, importa ricordar bene quello che finora s’è fatto, e non meno importante sapere quanto non s’è fatto, quanto ancora resta da fare.

1) In tutte le discipline lo studiare la storia porge il migliore avviamento per apprenderne la dottrina.

Nell'interlinea, sopra la parola «per» («per apprenderne [...]») è presente la variante «ad».
/

Federigo DiezFriedrich Christian Diez (1794-1876) che inaugura – come già dissi – il secondo periodo, il periodo scientifico degli studj neolatini, ci presenta nella molteplice varietà delle sue opere delineato quasi per intero il vasto piano della filologia romanza intesa, nel più ampio senso della parola, come appunto l’aveva intesa per il mondo classico Fed. Aug. WolfFriedrich August Wolf (1759-1824).

Lingue e letterature, grammatica e lessicologia, ritmica e versificazione, critica paleografica e critica esegetica; archeologia medioevale, arte costumi e istituzioni politiche della età di mezzo, tutto abbracciò colla sua mente vasta e comprensiva ingegno robusto e tenace e con quella operosità costante che, cominciata al 24° anno della sua vita, cessò soltanto col cessare di questa; cioè circa 52 anni più tardi.

Egli era nato a Giessen nel 1794 e là attese nel ginnasio ai suoi studj di filologia classica fino al 1813, in cui prendendo parte alla guerra contro i Francesi si arrolò in un corpo franco dell’Assia. Terminata la guerra che gli aveva fatto fare il suo primo viaggio a Parigi, si rivolse agli studj della giurisprudenza e poi a quelli delle lingue e delle letterature moderne che compì a Gottinga.

/

Durante questo tempo, attratto dalla fama di Goethe, volle conoscerlo, e nel 1818 si recava a visitarlo a Jena. Fu là che egli ricevette da lui l’impulso decisivo per la sua carriera futura ed ebbe anche l’idea del suo primo lavoro filologico.

Goethe il poeta, anzi lo spirito classico per eccellenza, era stato colpito dalla poesia dei trovatori provenzali che il RaynouardFrançois-Juste-Marie Raynouard (1761-1836) allora veniva rischiarando di nuova luce. In quella poesia egli forse sentiva o almeno presentiva, non una deviazione dagli studj classici, ma un nuovo elemento che poteva ravvicinare la civiltà germanica alla civiltà latina, elemento che non era stato ancora tutto compreso.
Così lo stimolò ad approfondire meglio che non fosse stato fatto sino allora la poesia medioevale dei popoli del Mezzogiorno.

E in quello stesso anno il Diez pubblicava il primo saggio dei suoi studj; che non fu un lavoro critico sulla lirica dei trovatori, ma una serie di tradizioni poetiche di antiche romanze spagnole.

Quella poesia semplice e rozza, ma fresca vivace e piena di energia, lo avevano (sic.) empito di entusiasmo. Ed egli volle farla / gustare ai suoi connazionali, come già HerderJohann Gottfried Herder (1744-1803) aveva fatto gustare la poesia sul Cid. Ma mentre Herder se l’era appropriata, come poco dopo fece anche Almeida Garett (sic.) in Portogallo per altre tradizioni antiche della penisola iberica, il Diez più lealmente si contentò di presentarsene come semplice traduttore.

Per poco però egli si appagò di questa forma di volgarizzamento della poesia medioevale; e più tardi, parlando della lirica dei trovatori portoghesi – non più difficile a intendere delle romanze spagnole – uscì nella sentenza che quelle composizioni si riesce a interpretarle e anche a gustarle, ma sono intraducibili.

Un secondo lavoro che egli dava a luce nel 1825, mostrò appieno il nuovo indirizzo del suo spirito in questo ramo di studj. Per far gustare la vecchia poesia egli non si curò più di darle forma e colorito moderno – come si vuol sempre nelle traduzioni artistiche -; ma suo unico pensiero fu di ricostruire l’ambiente che aveva prodotto quella poesia e di portarvi dentro la famiglia dei lettori che avessero voluto gustarla davvero.

/

Così venne in luce la sua memoria Über die MinnehöfeFriedrich Cristian Diez, Über die Minnehöfe, 1825., stampata nel 1825 in Berlino, la quale aveva per iscopo di illustrare le cosiddette Corti d’Amore.

Le Corti d’Amore rappresentavano infatti gran parte di quell’ambiente poetico entro cui si era svolta la lirica dei trovatori. Erano in certo modo la lizza, il campo chiuso, nel quale erano discesi a provocarsi e a misurarsi i campioni dell’arte nuova. Importava dunque non poco, prima di addentrarsi nello studio della poesia trovatoresca, chiarir bene la natura e definire il concetto di queste corti, delle loro attribuzioni, e, in una parola, della loro realtà storica.

Molti ne avevano di già scritto e nessuno ne aveva fino allora dubitato: ma i critici non erano troppo concordi fra loro stessi nel determinarne il valore, e lo scopo. Secondo alcuni queste Corti erano istituzioni d’indole letteraria, secondo altri sarebbero state essenzialmente politiche, e nella discussione avevano preso parte, dopo gli antichi come Nostradamus e Crescimbeni, / anche dei moderni quali Aretin, Spangenberg , Raynouard, Ebert.

Raynouard in ispecie aveva dedicato a questo soggetto una bella parte del vol. II del suo Choix etc.François-Juste-Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 1816. e quel discorso, pieno di citazioni e di antichi documenti, si divideva in tre parti, la prima delle quali era intesa a dimostrare la esistenza delle Corti d’Amore; nella seconda si esponeva il loro organismo, ossia la loro composizione e le formalità che vi erano stabilite; nella terza si faceva una rassegna delle materie che vi erano trattate.

Questo lavoro condotto con quella abilità e sagacia che distingueva il Rayn., sembrò aver risoluto per sempre tutte le questioni che si erano agitate intorno alle Corti d’A. e le conclusioni di lui furono accolte non solo nel campo della letteratura d’arte, ma ancora fa (sic.) gli storici.

Ebert massimamente, ne fu così colpito, che credette scorgervi tutta la fondamenta di un sistema d’incivilimento che si sarebbe cominciato ai tempi della 1a crociata e svolto nei secoli successivi.
(v. Diez, Essai etc.Friedrich Christian Diez, Essai sur le cour d'Amour, 1842. p. 29)

/

Questa interpretazione di Ebert veniva a determinare nella storia del medio evo quasi un nuovo ed importantissimo fattore, attivo non meno nello svolgimento della civiltà che della letteratura.

Il Diez dunque sentì subito quanto era necessario veder chiaro su tale questione, e la sua memoria ebbe per iscopo di prendere ad esame tutte le autorità e le testimonianze sulle quali eransi fondati quanti fino allora avevano trattato delle Corti d’A.

Il metodo positivo che egli inaugurò in questo studio, diede subito occasione di far sentire quanto tale metodo sovrastava a quello dei predecessori suoi per la sicurezza dei risultati a cui conduceva. E se le conclusioni del Diez sulle C. d’A. di poi sono state in parte modificate, ciò avvenne non per errore in lui di giudizio, ma a cagioni di altri documenti, a lui ignoti, che sono stati scoperti più tardi.

Collo stesso metodo si volse allo studio dei trovatori provenzali - italiani- portoghesi – GrammaticaFriedrich Christian Diez, Grammatik der romanischen Sprachen, 1836-1843.….

/

Quando il Diez si volse a studiare comparativamente la grammatica delle lingue romanze, egli ne trovava già non solo un primo abbozzo nell’opera del Raynouard suo emulo, ma anche trovava tutta una scienza nuova, la quale applicata agli studj grammaticali li aveva rinnovati da capo a fondo.

Questa nuova scienza era la linguistica o glottologia, e i suoi fondatori erano stati Federigo Schlegel, Francesco BoppFelice Barnabei (1842-1922), Giacopo Grimm, Augusto Federigo Pott, Augusto SchleicherAlbert Stimming (1846-1922) e Larsen e Burnouf e altri.

Prima di costoro di scienza del linguaggio non è il caso di parlare. Il grande problema delle origini del linguaggio (di storia non si poteva propriamente parlare perché il concetto della evoluzione graduale e progressiva non era stato nemmeno messo in discussione); prima di costoro, dico, quel problema era stato posto press’a poco in questi termini: in qual modo l’ebraico aveva dato nascimento a tutte le altre lingue umane? – Posto malamente il problema, non c’era stato modo di risolverlo.

Primo il filosofo Leibnizio si rivoltò contro il postulato della priorità assoluta dell’ebraico ed esortò a ristudiare la questione secondo i principii delle scienze esatte.

/

Allora si cominciarono a raccogliere materiali comparativi in gran copia da tutte le parti del globo, e l’impulso di Pietro il Grande e di Caterina di Russia, come i lavori colossali del gesuita spagnolo Hervas sono memorabili in questo periodo di preparazione.

E intanto la scoperta o piuttosto lo studio più accurato dell’antico indiano quale appariva nel volume sacro dei Veda, veniva a porre accanto al latino ed al greco un altro idioma, invece dell’ebraico, la cui singolare ricchezza e trasparenza delle forme, messa a riscontro dei due idiomi classici, permise di scorgere senza troppa fatica un nuovo termine di comparazione che doveva essere fecondo di tutte le scoperte posteriori.

Federigo Schlegel nel suo libro Sulla lingua e la saggezza degli IndianiFriedrich Schlegel, Sprache und Welsheit der Inder, 1808. pubblicato nel 1808 in Heidelberg, si sforzò per il primo di dimostrare come non solo il latino ed il greco, ma anche il gotico e il persiano, il celtico, l’armeno e lo slavo avevano fra loro una parentela più stretta che non colle altre lingue, e tutte mettevano capo nel sanscrito, che egli considerava la / lingua madre di tutto questo gruppo.

Bopp tornò dopo alcuni anni su questo argomento, e riconosciuta anch’esso la parentela di tutte queste lingue col sanscrito, corresse il giudizio di Schlegel nel senso che nel sanscrito non era da vedere la lingua madre delle altre indo-europee, ma soltanto una sorella più antica di esse e diede per la prima volta una dimostrazione scientifica di questo asserto, tessendo la grammatica storico-comparativa di tutto questo gruppo d’idiomi.

Allora si vide che questi idiomi avevano comune uno stesso organismo grammaticale, per cui complessivamente si distinguevano dall’altro gruppo di cui faceva parte l’ebraico; e si osservò pure che le differenze che intercedevano fra le lingue dello stesso gruppo, rappresentavano le variazioni subite da uno stesso tipo idiomatico attraverso il tempo ed i luoghi. Onde il canone poi ammesso da tutte le scienze naturali, che le variazioni del tempo si ritrovano nelle variazioni dello spazio.

Da quel momento la comparazione diventò base di qualunque ulteriore studio linguistico; / e non si volle più la comparazione vaga e sconfinata – come l’avevano adoperata gli antichi – ma la si volle ristretta entro quel vasto gruppo di lingue che si veniva studiando erano riconosciute organicamente più affini. La comparazione poi non si limitò al raffronto dei vocaboli, ossia del lessico, e delle flessioni grammaticali, quali la declinazione e la coniugazione, come aveva fatto Bopp; ma si estese ai singoli elementi della parola, che fu decomposta in tutte le sue parti, analizzandone ciascun elemento da sé, ossia ciascun suono, e le relative condizioni di quel suono determinate dalla quantità prosodica.

Questo metodo di analisi minutissima applicato con rigore e su tutto il sistema grammaticale di un gruppo idiomatico, permise a Giacomo Grimm di fondare la così detta teoria dei suoni o fonologia, dalla quale apparve non solo che tutte le alterazioni e trasformazioni delle lingue avevano radice nella graduale mutazione dei suoni; ma ancora, che i suoni – questi elementi semplici della parola – si mutavano non a capriccio o casualmente, ma per effetto di determinate cause, le quali agivano in diversi modi sull’organismo glottico.

/

Fu in questo periodo dunque dopo l’opera del Grimm, che vediamo Fed. Diez rivolgere la sua attività alla grammatica del gruppo neolatino, ed egli si propose di fare in questo gruppo ciò che il Grimm aveva fatto pur allora per l’altro gruppo degli idiomi germanici.

«Ciò che mi spinse – egli scriveva più tardi a G. ParisGaston Paris (1839-1907) – a intraprendere i miei lavori filologici e che mi guidò nella esecuzione di essi, fu unicamente l’esempio di Giacomo Grimm. Applicare la sua grammatica e il suo metodo alle lingue romanze fu lo scopo che mi proposi. Ben inteso che procedetti in cotesta applicazione con una certa libertà». (Paris Introd. à la gramm. etc.Gaston Paris, Introduction à la grammaire des langues romanes, 1863. p. XVI.)

Così egli creava tutta una nuova sezione della grammatica neolatina, che il Raynouard non aveva nemmeno intravveduta, la fonologia romanza, cioè, che da indi in poi doveva restare il fondamento di ogni studio grammaticale ulteriore. (I)

Infatti, come il Grimm scoprì e determinò le leggi che avevano governato la evoluzione della lingua tedesca, così il Diez mise in chiaro per il primo le leggi che hanno regolato lo svolgimento della lingua latina.Queste leggi possono dirsi altrettante manifestazioni diverse di due principali teorie che sono la: teoria dell’accentoteorie dell’accento e la teoria della quantità.

/

Principale fra tali leggi fu quella relativa all’accentuazione. L’accento della parola latina restò al suo posto nella trasformazione romanza; e la persistenza della vocal tonica, di quella vocale cioè che, come fu detto, rappresenti l’anima della parola, è un fatto così generale e costante nelle lingue neolatine, che bastò questo a conservare alle forme romanze la effigie materna e a farle distinguere da altre lingue che avevano appreso molte delle stesse parole dal latino, come la tedesca e la inglese, le quali modificarono costantemente la originaria accentuazione latina e così resero quasi irreconoscibili le forme assimilate.

Né solo colla sua persistenza e la sua fermezza l’accento regolò la trasformazione del latino, ma anche influì alla migliore conservazione delle sillabe e specialmente delle vocali su cui si posava. E risultò ancora che la diversa quantità prosodica di una vocale accentata influiva anch’essa a tramandare ai neolatini quella stessa vocale intatta oppure trasformata in altra affine.

E questa quantità, come anche la maggiore o minor distanza dalla vocal tonica influiva sulla esistenza delle vocali vicine prive di accento, le quali, se brevi e precedenti o seguenti immediatamente alla vocal tonica, andavano per / lo più perdute, mentre restavano con suono più debole e talvolta anche intatte, se lunghe e distanti di due sillabe dalla vocale accentata.

Esistevano dunque rapporti diretti e regolari, rapporti evidentemente di famiglia tra il vocalismo latino e il neolatino.

E ciò che il Diez scopriva nel vocalismo, veniva a scoprire anche nel sistema delle consonanti. Anch’esse rispondevano nelle lingue neolatine al consonantismo latino, e il loro conservarsi, o il dileguarsi o il mutarsi in altre consonanti affini appariva in serie ben determinate, che variamente si specificavano e davano ragione di sé stesse appena si ponesse mente ai diversi gruppi che costituivano nella parola e al posto che occupavano nella parola medesima.

Così, per esempio, si vide che le consonanti iniziali resistevano maggiormente che non le interne o le finali. Che i suoni forti latini tendevano a indebolirsi, e i suoni deboli quasi sempre si dileguavano. Insomma dentro questa immensa quantità di forme, che sembrano tutte / riflettere variamente e a capriccio le forme latine, si vide allora che i loro elementi ossia i suoni, costituivano un sistema rigorosamente esatto il quale si era svolto e seguita a svolgersi nei dialetti odierni senza mai alterare o deviare dalle leggi fondamentali che si scoprirono nel loro organismo.

Messa in chiaro la teoria di tutto il fonetismo neolatino, il Diez aveva ritrovata la ragione scientifica delle differenze che passavano tra la morfologia latina e la romanza.

Non ebbe dunque da far molto in quest (sic.) seconda parte: ma si trattò soltanto di applicare le leggi già note. La sintassi romanza allora – la terza parte della grammatica – spiegò per le stesse ragioni (delle alterazioni dei suoni complicate da quelle delle forme) il perché delle sue notevoli differenze dalla sintassi latina: e allora apparve in tutta la maggiore chiarezza ed evidenza dimostrata la derivazione delle lingue neolatine dalla romana, e il Diez si volse a compiere questo studio col lessico etimologico.

/

Qui diede meglio a vedere quanto necessario sia al filologo la profonda conoscenza di tutta la civiltà e la vita interna del popolo che studia: ed egli affrontando parola per parola la questione della derivazione, illustrò tutto il lessico neolatino applicando le leggi da lui scoperte nel fonetismo, e mostrò come un decimo soltanto delle parole romanze non erano di origine latina.
restrizioni (?) in queste conclusioni
perfezionamento del metodo in AscoliGraziadio Isaia Ascoli (1829-1907) etc.
Studj esegetici del Diez
Studj letterarj ultimi.

/

Dopo il lavoro del Dizion. etimol. delle lingue romanzeFriedrich Christian Diez, Etymologisches Wörterbuch der romanischen Sprachen (Dizionario etimologico delle lingue romanze), 1853. ove il Diez diede a vedere, meglio che nella Grammatica, quanto necessario sia al filologo conoscere a fondo non solo l’idioma ma anche la letteratura e le istituzioni civili e politiche, e tutta insomma la storia e la vita interiore del popolo che si studia, egli ritornò ancora una volta agli studj letterarj, e frutto di questi nuovi studj fu l’opera Sulla poesia primitiva ed artistica dei portoghesiFriedrich Christian Diez, Über die erste portugiesische Kunst und Hofpoesie, 1863. (1863) e diversi saggi di critica delle fonti, come lo scritto sulla edizione del FierabracciaEl cantare di Fierabraccia e Uliuieri, . curata da J. Becker (1831), quello sulla ediz. della Disciplina clericalis. di Pietro AlfonsoAdriano I (0700-0775) curata da Schmidt (1830), quello sui Fragmentos de hum cancioneiroCharles Stuart, Barone Stuart de Rothesay, Fragmentos de hum Cancioneiro inedito, que se acha na livraria do Real Collegio dos Nobres de Lisboa, 1836. pubblicati da Lord Stuart (1836). Poi nel 1865 si rivolgeva alla critica dei testi con gli Altromanische GlossareFriedrich Christian Diez, Altromanische Glossare, berichtigt und erklärt, 1865. ecc. (v. la lista completa in Ugo Angelo Canello (1848-1883)Canello, SaggiUgo Angelo Chianello, Saggi di critica letteraria, 1877., pp. 285-7.

Oltre le opere già menzionate di Fed. Diez, ci restano non pochi altri scritti, minori di mole ma importanti sempre per il loro contenuto, ennumererò dividendoli in due serie:

nella 1a. che chiamerei di storia letteraria propriamente detta, abbiamo l’opera sulla poesia portoghese primitiva e la recensione dei Fragmentos etc. ed. da Stuart, che completano gli studj Dieziani sui trovatori;

nella 2a. che direi critica delle fonti, abbiamo varj scritti sulla Floresta de rimas antiguas .di Faber, sulle romanze cicliche del Cidanonimo, Poema del mio Cid, 1140., sulla cronaca del Cid

In interlinea sopra «ai neolatini» («[…] influiva anch’essa a tramandare ai neolatini») è presente «nel romanzo».
/

altre opere del Diez

Serie 1: storia letteraria
Uber die erste portug. Kunst – und hofpoesie: che completa gli studj dieziani sulla poesia dei trovatori. Sul verso decasillabo, che illustrava molta parte della tecnica dell’arte non solo epica ma anche lirica.

Serie 2: critica delle fonti:
Sulla Disciplina Clericalis di Petrus Alphonsus,
Sui Fragmentos de hum cancioneiro scoperto da Lord Stuart;
Sulla floresta de rimas antiguas ed. da Bohl
Sulla Cronica del Cid pubbl. da Huber,
Sul Ciclo di romanze del Cid illustrato da Duttenhofer; sul Teatro Español di Bohl de Faber – Tutti lavori relativi alla storia della letteratura spagn. e portogh. editi nei Jahrbucher fur wissenschaftliche kritik di Berlino. Inoltre relativi alla storia della letterat. prov. e franc.
Tre scritti sui più antichi glossarj romanzi;
Tre altri scritti sui più antichi monumenti romanzi, cioè Giur. di Strasb., Sequenza di S. Eulalia, poema su Boezio;
Altro sul poema antico fr. La vie de St. Leger;
altro sul poema ant. fr. la Passion du Christ;
Sopra il poema di Fierabraccia edito da J. Becker

/

Così, dopo aver delineato – dirò così – l’albero genealogico delle lingue neolatine nella grammatica, e aver messa in evidenza la loro unità e dato ragione delle loro differenze e dei loro mutui rapporti; e dopo di avere nel Dizionario etimologico presa ad esame, parola per parola, quasi tutta la suppellettile lessicale delle nostre letterature, si volgeva con questi altri lavori d’indole più speciale a ritentare e ad illustrar meglio la soluzione di molti problemi, che in quei due lavori d’indole tanto generale o non aveva potuto affrontare affatto, o che aveva toccati appena di volo. E tutti questi scritti formavano nel loro complesso una prima illustrazione – come già dissi – di tutto il programma della filologia romanza.

La scuola di Bonn fece suo ben presto quel programma, e con quella operosità che tanto distingue tutte le scuole tedesche, si volse a ricalcare passo per passo tutte le grandi orme del maestro, e in poco d’anni era tanto il progresso che aveva fatto fare agli studj neolatini, che il Maestro stesso non era più in grado di riassumerli tutti.

Ciò confessò egli stesso con quel candore che è proprio degli spiriti più elevati, allorché egli / pubblicò la terza edizione della sua grammatica. Mentre nella seconda si era affaticato di introdurre tutte quelle correzioni che i nostri studj gli avevano suggerite; quando fu alla terza – circa dieci anni più tardi – riconobbe la impossibilità in cui si trovava di tener dietro a tutto il movimento scientifico suscitato da lui stesso e rinunciò a ulteriori emendamenti. Questa che per altri sarebbe stata cagione di biasimo, può dirsi invece per il Diez il più grande argomento della lode che gli si deve. Infatti i progressi ulteriori fatti dalla filologia neolatina furono tutti conseguiti in grazia del metodo che egli aveva per primo insegnato, e il non aver avuto forza bastante di tener dietro a tutti quei progressi, mostra quale vitalità il suo metodo aveva potuto infondere, nella sua scuola: oggi questa scuola ha rinnovato molta parte degli studj dieziani, ma il metodo resta ancora, sebbene perfezionato maggiormente, quello trovato da Diez, e possiamo credere che resterà sempre lo stesso, finché almeno lo sperimentalismo sarà la guida delle discipline storiche, e ben a ragione prese testé nome dal Diez la fondazione per l’incoraggiamento degli studj neolatini.

/

In tutti costoro la filologia si è venuta sempre più specializzando e all’infuori del MussafiaAdolfo Mussafia (1835-1905) non ve ne è stato un altro solo che, come il Diez, ne abbia potuto più abbracciare l’intero programma.

SchuchardtHugo Schuchardt (1842-1927) in tre grossi volumi prese a svolgere ciò che pel Diez era stato argomento di appena poche righe della sua grammatica, egli si volse cioè ad illustrare il latino volgare. (I)

Che cos’era questo latino volgare? Era il latino non letterario, quello che si parlava da tutti e che gli scrittori dell’evo classico avevano sempre studiosamente evitato dall’ammettere nelle loro opere; e precisamente da questo latino, anziché dal Classico, il Diez aveva dedotto le lingue romanze.

Ma in che precisamente consistevano le differenze? Molte e discordi erano state su ciò le risposte in passato e il Diez non si era punto pronunciato su questo argomento.

Un quattrocentista italiano, Leon. Bruni, era stato il primo a parlare di questa latinità non classica quale base della lingua italiana; e secondo lui le differenze dall’idioma letterario dei roma/ni dovevano essere state tante, da dovercela far considerare fin d’allora come una lingua affatto distinta da quella che troviamo negli scritti di VirgilioPublio Virgilio Marone e di CiceroneMarco Tullio Cicerone. Secondo altri e particolarmente il Lanzi, sarebbe stato il latino volgare niente altro che un miscuglio degli antichi dialetti italici fusi col romano. Solo Celso Cittadini, prima del Lanzi, si era accostato molto al vero, e messo sulla buona via, lasciando da parte le congetture e le ipotesi e mettendosi a cercare le reliquie di stile latino nei monumenti grafici delle diverse epoche di Roma. Ma la insufficienza del suo metodo nel farne l’analisi gli aveva impedito di procedere innanzi; e le osservazioni del Cittadini erano state gittate a fascio colle altre.

Come dicevo, Diez non volle esprimersi troppo chiaramente su ciò, e si limitò a notare che il latino volgare secondo lui doveva essersi distinto dall’altro non tanto per differenze grammaticali e lessicali, quanto per una certa trascuratezza nella pronunzia, e una certa tendenza a preferire alcune forme che i letterati per contrario evitavano.

/

Studj filologici a completamento della gramm. del Diez.

Fra i primi meritano di essere ricordati quelli sopra il latino volgare.

Il Diez si espresse assai vagamente intorno al latino volgare. Disse che questo e non il latino classico era stato la base delle lingue romanze; che dubitare di ciò era ormai impossibile, e lasciò di darne la dimostrazione, perché – diceva egli – la cosa è così evidente per sé, che piuttosto si avrebbe diritto di domandare le prove a chi asserisse il contrario.

Ma in che consisteva questa latinità, e in che si differenziava dalla classica? Su ciò il Diez – lo ripeto – non si espresse abbastanza chiaramente.

«Bisogna guardarsi – egli disse – d’intendere per lingua popolare altra cosa da ciò che sempre s’intende con questa espressione, l’uso cioè della lingua comune nelle classi basse, uso i cui caratteri sono una pronunzia più negletta, la tendenza a sottrassi (sic.) alle regole grammaticali, la preferenza per molte espressioni evitate dagli scrittori, certe frasi certi costrutti particolari» (Gramm. I, 1) A questa definizione egli aggiunse alcuni saggi lessicali, dei quali ecco qualche esempio:

/

Fra i nomi di coloro che hanno maggiormente contribuito ai più recenti avanzamenti della filologia neolatina, meritano di essere ricordati in Germania N. Delius, F. Wolf, K. BartschKarl Bartsch (1832-1888), A. ToblerAdolf Tobler (1835-1910), L. Lemke (sic.), A. Ebert, E. BoehmerEduard Boehmer (1827-1906) (sic.), H. SchuchardtHugo Schuchardt (1842-1927), Rönsch, GröberGustav Gröber (1844-1911), Mätzner, Müller, Foerster e una donna Carolina MichaelisCarolina Michaelis de Vasconcellos (1851-1925), senza dire di moltissimi altri;

in Francia i due ParisPaulin Paris (1800-1881), LittréEmanuele Lagomaggiore (1838-1883), Du Meril, Guessard, P. MeyerPaul Meyer (1840-1917), ChabaneauCamille Chabaneau (1831-1908), Darmesteter, (Coussemaker, Cahier,)

in Spagna Amador de los RiosJosé Amador de los Rios (1818-1878), Mila y Fontanals e CamboliouFrançois Romain Camboliu (1820-1869); in Portogallo T. BragaJoaquin Fernandes Teófilo Braga (1843-1924) e A. Coelho; in Rumenia Hasdeu, e in Italia FlechiaGiovanni Flechia (1811-1892), AscoliGraziadio Isaia Ascoli (1829-1907), Teza, Comparetti, D’AnconaAlessandro D’Ancona (1835-1914), d’OvidioFrancesco D’Ovidio (1849-1925), RajnaPio Rajna (1847-1930), CaixNapoleone Caix (1845-1882), CanelloUgo Angelo Canello (1848-1883) e soprattutto A. MussafiaAdolfo Mussafia (1835-1905), il quale se nella glottologia trovò prima un emulo e poi chi lo sorpassò in Ascoli, nel campo della storia letteraria e particolarmente nella critica dei testi riman sempre un maestro il quale non fu per anco superato.

Va qui meritamente ricordato anche G. B. De Rossi poiché il restauratore dell’archeologia cristiana ha aperto agli studj neolatini un nuovo campo dove non si avrà poco di raccogliere.

/

Egli spogliando accuratamente e classificando tutte le forme divergenti dal latino classico che gli avvenne di ritrovare nelle iscrizioni, nei documenti letterarj, nei codici e nelle carte non posteriori al sec. VII, compose un ampio quadro metodico ove sono specificati tutti i diversi casi in cui la pronunzia del volgo si discostava dall’uso letterario e contro le regole della grammatica classica veniva determinando nuove leggi che furono la causa del rinnovamento neolatino.

Di questo vastissimo e profondo lavoro di analisi egli non solo riuscì a chiarire i dubbi lasciati dal Diez, ma risalendo alla sintesi delineò con tutto il rigore del metodo moderno la storia di questa latinità e fissò i diversi periodi della sua cronologia.

Di questa cronologia di cui credo non inopportuno presentarvi i risultati, è possibile che nuovi studj sui materiali recentemente scoperti si riesca a modificare qualcuna delle divisioni interne: ma resterà per sempre dimostrato da essa che i fenomeni pei quali il latino ad un certo momento non poté dirsi più latino ma romanzo; eransi tutti compiuti all’avvenimento del sec. VII.

/

Lo Schuchardt volle dunque studiare per primo questo argomento in tutta la sua ampiezza e applicando il metodo di Diez, e tutte le raccolte delle iscrizioni pagane e cristiane, e gli scritti scientifici e tecnici dei latini come degli agrimensori etc., nonché le carte e i diplomi anteriori all’8° secolo gli permisero di raccogliere una ricca suppellettile, mercé la quale la nozione di questo latino volgare fu liberata dalla nebbia delle ipotesi e delle congetture, e ridotta al vero.

Altri studj sul lat. volg. di Ronsch, di SchmilinskiGustav Schmilinsky (1842-?)

Altro (sic.) sono da aspettarsi sulle iscrizioni ultime scoperte

Sulla tradizione biblica ed. da U. Robert.Ulysse Robert (1846-1903)

Altri complem. della grammatica
Lavoro di Paris sull’accentuaz. franc.
Lavoro di BrachetAuguste Brachet (1845-1898) sui doppioni francesi seguito da quelli di Coelho, della Michaelis e del Canello.

/

A compimento di questi cenni sul latino volgare ecco qualche nota bibliografica

Strandberg, De latina lingua vulgariOlov Strandberg, De latina lingua vulgari, 1816., Greifswald, 1816.
Berblinger, De lingua romana rusticaWilhelm Berbliger, De lingua romana rustica quaestionum grammaticarum particula I, 1865., Glückstadt, 1865.
Böhmer P. Die lateinische vulgarsprachePius Böhmer, Die lateinische Vulgar-sprache., Oles, 1866-69.
Schmilinsky

/

Serie terza: studj grammaticali:

Sulla gramm. ant. francese descritta da Orell;

Sulla teoria della accentuazione francese illustrata da G. Paris

Alcune note più specialmente grammaticali sulla Passion du Christ e sulle Glosse Viennesi nel Jarbuch di Lemcke) e finalmente il vol. Ueber romanische WörtschöpfungFriedrich Christian Diez, Romanische Wortschöpfung, 1874., che fu l’ultima sua opera

Roma, nome, homini, tutta, loro, pero, segnori, come, pregioni, Pilosa, inquisitione, contra, traditori, corona, conte, figliuoli, lungo, luogo, sabbione, imperadori, mençione, corpo, scomunicatione, nuova, cròniche,

lui, su, una, Asturi, saputo, sua, suo, fóssono, duca, due, suoi, fu, chiunque, giusta, ingiusta, sono, molto,

/

Federico Cristiano Diez

Nato a Giessen nel 1794, e fatti gli studj classici nel ginnasio patrio, nel 1813 prende parte come volontario in un corpo franco nella campagna contro i francesi. Tornato in patria si volge agli studj della giurisprudenza e poi alle lingue e alle letterature moderne.

Allo studio delle letterat. moderne ebbe impulsi dal Goethe, che egli visitò a Jena nel 1818. Il Goethe, il più classico fra i moderni, era stato profondamente colpito dalla lirica provenzale che il Raynouard aveva cominciato a far conoscere, e stimolò il Diez a occuparsi dello stesso soggetto.

Nel 1820 egli si stabilisce a Bonn e comincia modestamente la sua carriera come privato docente; nel 1823 è eletto a prof. straordinario, nel 1836 ottiene nella stessa università l’ordinariato, seguitando a insegnarvi fino al 1876 in cui è morto.

Durante questa lunga carriera la sua operosità scientifica non s’arrestò mai; ma i primi saggi non furono quelli che gli assicurarono quel posto così eminente che ora occupa nella storia della filologia.

/

I primi lavori del Diez furono: un modesto resoconto di una Silva o scelta di romanze spagnole pubbl. da Giac. Grimm; altri resoconti della raccolta di romanze del Depping; di una traduzione tedesca del Canzon.Francesco Petrarca, Rerum vulgarium Fragmenta. del PetrarcaFrancesco Petrarca (1304-1374), di altra traduz. tedesca dell’Orlando FuriosoLudovico Ariosto, Orlando Furioso, 1532.. Quindi alcune traduzioni in versi fatte da lui medesimo di altre Romanze spagnole (delle quali fu sempre innamorato), e del CorsaroGeorge Gordon Byron, Il corsaro (The Corsair), 1814. e del LaraGeorge Gordon Byron, Lara, a tale, 1814. di lord ByronGeorge Gordon Byron (1788-1824).

Nel 1825 pubblicava uno studio sulle Corti d’Amore che demoliva gran parte di ciò che ne aveva scritto il Raynouard.

Nel 1826 dava in luce l’altro volume Sulla poesia dei TrovadoriFriedrich Christian Diez, Die Poesie der Troubadours, 1826., che nel 1829 fu seguito dall’altro volume a complemento del precedente Le vite e le opere dei TrovadoriFriedrich Christian Diez, Leben und Werke der Troubadours, 1829..

Con altre recensioni entra nella critica delle più antiche fonti provenzali (Fierabras), portoghesi (Cancion. D’Evora), spagnole (Cid), francesi (Eluonensia) ecc e finalmente dal 1836 al 1844 dava in luce la prima ediz. della sua Gramatik del (sic.) romanische sprachen.

/

Nel 1853 cominciava a pubblicare il Vocabol. Etimol. e nel 56 cominciava la 2a edizione della sua grammatica, che in gran parte aveva rinnovato. Le correzioni non si fermarono a questa 2a ediz.; la 3a pubbl. nel 70 ne contiene altre, ed essa è la definitiva.

Moriva nel 76 essendo in corso la 4a dove non aveva voluto fare altri ritocchi, riconoscendo che le forze gli mancavano a tener conto per ciò di tutti i nuovi lavori. E questa è la sua più bella lode; quei lavori erano prodotti della sua scuola, altrettanti acquisti fatti col metodo insegnato da lui.

Diamo ora un’occhiata a questo classico libro della grammatica.

/

La scuola del Diez (Complementi alla sua grammatica)

Il Diez affermando che il latino onde derivavano le lingue romanze, era stato non il latino di Virgilio e di OrazioQuinto Orazio Flacco, ma il latino comunemente parlato, non si curò poi di specificare le differenze che intercedettero veramente tra il latino parlato e quello dei classici.

Ciò divenne argomento di uno studio speciale dello Schuchardt, il quale nel Vokalismus der VulgärlateinsHugo Schuchardt, Der Vokalismus des Vulgärlatein, 1866. (sic.) determinò queste differenze deducendole da uno spoglio amplissimo di tutta la latinità non classica fino al sec. VII.

Uno studio analogo compieva quasi contemporaneamente il Rönsch nella sua Itala und vulgataHermann Rönsch, Itala und Vulgata, 1869., ove prese ad esame la latinità delle più antiche versioni della Bibbia, ove l’elemento popolare abbonda in gran copia.

Schmilinsky faceva altrettanto analizzando l’elemento popolare nella lingua di PlautoTito Maccio Plauto; LudwigLudwig Heinrich Friedländer (1824-1909) nella lingua di Petronio; ecc.

/

Sul latino volgare

Il Diez affermando che il latino onde derivano le lingue romanze, era stato non il latino di Vergilio (sic.) e d’Orazio, ma il latino parlato comunemente in città e nelle provincie, non si curò poi di specificare le differenze che veramente intercedettero fra queste due latinità, e questo divenne argomento di una prima serie di studj complementari.

Nel 1866 lo Schuchardt si volse alla illustrazione di questo particolare problema e nel suo Vokalismus des Vulgärlateins determinò queste differenze deducendole da uno spoglio amplissimo di iscrizioni e di altri documenti non letterarj anteriori al sec. VIII.

La stessa ricerca estese nel 1866 lo Schmilinski nelle commedie di Plauto, il Ludwig nel 1870 su Petronio e il GuerickeArminius von Guericke nel 1875 tornava in Petronio ed esaminava nello stesso senso le iscrizioni parietarie di Pompei. E intanto si era notato come maggiore messe di questa latinità offrisse la letteratura cristiana, intesa non a piacere ma a diffondere le nuove dottrine fra tutte le classi anche le più rozze, e il Rönsch nell’Itala und Vulgata (2 ed. 1875) analizzava la latinità delle più antiche versioni della Bibbia, e il Lansen nel 1868, lo Schmidt nel 1870, lo Hauschild nel 1876 esploravano nello stesso senso la latinità di Tertulliano; / e finalmente lo Hoffmane intraprendeva nel 1879 una storia generale del latino ecclesiastico che è tuttora in corso di stampa.

Né qui si arrestarono gli studj romanzi a proposito del latino. Il BudinszkiAntonio Boselli (1879-1955) nel 1881 dedicò un volume a speciali ricerche sulla diffusione del latino in Italia e nelle altre provincie dell’impero, cercando elementi per determinare meglio le singole divergenze prodottevi dai parlari anteromani, e notevoli contributi portava in questa stessa ricerca l’Ascoli trattando delle influenze etimologiche del celtico (1881, una lettera glott.), mentre il Luchaire (1879) studiavasi di chiarire le influenze dell’Aquitano.

Si tentarono anche esplorazioni per determinare nel latino peculiarità veramente dialettali, come il Sittl in una memoria pubbl. a Erlangen nel 1882, che però nulla riuscì ad accertare.

Ma mentre per questo punto non si riuscì ad andare innanzi, notevoli progressi furono fatti dopo il Diez nello studio della quantità latina. Il riconoscimento delle alterazioni terziarie dovuto all’Ascoli, fece scomparire una quantità di / supposte eccezioni, che parevano essere state assolutamente arbitrarie e contraddittorie. Ma ciò che maggiormente fece risaltare la regolarità della trasformazione latina fu l’altra determinazione della quantità primitiva nelle vocali di posizione.

I vecchi grammatici ci avevano abituati a considerare come lunghe tutte le vocali di posizione, eccetto i pochi casi della positio debilis.

Ma intanto si osservava che nei riflessi romanzi alcune di queste vocali di posizione si conservavano come lunghe, altre si alteravano come brevi.

Ciò sembrava un’altra oscillazione delle leggi evolutive del latino. Ma per un esame più accurato si ebbe la dimostrazione che la posizione, se alterava la quantità vocalica, non ne alterava la qualità ecc. ecc. E si venne così non solo a risolvere un altro problema neolatino, ma si recò anche un importantissimo contributo alla pronunzia vera del latino medesimo, assai diversa dalla odierna, confermando le congetture e le induzioni del Ritschl. Senza nominare chi fu il primo / che possa vantarsi di questa scoperta – sul che c’è incertezza – perché l’osservazione fu quasi contemporaneamente, sebbene incompletamente fatta da più filologi – vuol essere qui ricordata la memoria del Foerster nel Museo Renano, vol. XXXIII e il manualetto del Marcx pubblicato l’anno scorso. 1)

La teoria dell’accento era stata, come già dissi, una vera scoperta del Diez, ed egli aveva potuto mostrare che l’accento latino era rimasto immobile in mezzo alle alterazioni, e aveva così potuto far restare la effigie primitiva nelle forme romanze. Ma tuttavia a questa legge si opponevano molti fatti che parevano altrettante eccezioni, e ciò più di tutto dal francese. G. Paris nel 1862 prese a trattare specialmente la questione appunto nel francese e nella sua memoria riuscì a chiarire tutte queste pretese eccezioni, come altrettanti frutti indipendenti dalla legge dell’accento e causati dall’azione di altre leggi secondarie; nonché dall’essere molte parole d’introduzione recente ed erudita e da non confondere quindi con le altre d’origine popolare, le sole su cui abbiano regolarmente operato le leggi del linguaggio.

/

Questa distinzione delle parole popolari dalle erudite era stata già indicata dal Diez, ma non sempre egli l’aveva osservata nell’applicazione. Di qui una serie di nuovi studj sui così detti doublets o doppioni, o forme divergenti o allotropi etc.

/

Dialettologia neolatina

Finalmente dall’analisi dei dialetti romanzi parlati nel mezzogiorno d’Europa l’indagine glottologica si estese agli stessi dialetti importati nell’Asia, nell’Africa e nell’America.

Primo a questa esplorazione scientifica fu il Teza (IndoportogheseEmilio Teza, Indoportoghese, in Il Propugnatore, Vol. V, 1872. nel PropIl Propugnatore, 1868-1893.. Vol. V, pr. II, 129) nel 1872

seguì il Coelho nel 1881 con una comunicaz. pubbl. nel Bullett. della Soc. Geogr. di LisbonaSociedade de Geografia de Lisboa, ove trattò di altre varietà portoghesi, spagnole e francesi.

Finalmente lo Schuchardt nell’82 ha iniziato una serie di nuovi studj su quelle parlate, e finora ne ha pubblicato cinque memorie sotto il titolo generale di Kreolische StudienHugo Schuchardt, 9 voll., Kreolische Studien, 1882-1891. (negli atti della Accad. di Vienna).

/

Versificazione

Dagli studj grammaticali e lessicali passiamo col Diez agli studj sulla versificazione.La sua memoria “Sul verso epico” (1846) segna il rinnovamento degli studj su quest’altro ramo della filologia, essendo la prima volta che tale soggetto sia trattato con metodo e rigore scientifico

Nel suo libro Sulla Pioesia dei Trovadori (1826), il Diez aveva già in parte illustrato l’argomento per ciò che riguarda la poesia lirica presso i trovadori. Una memoria pubblicata 20 anni più tardi allargò la trattazione allo studio del verso epico, e si può dire che questi due studj insieme al vol. di F. Wolf, Ub die Lais seq. und Leiche, pubbl. fra il 1° e il 2° 1841 iniziano la illustrazione scientifica della versificazione neolatina.

Allora cominciarono studj più speciali. Il Wackernagel nei Altfr. Lieder und LeicheWilhelm Wackernagel, Altfranzösische Lieder und Leiche, 1846., Basel 1846, esamina questioni particolari nella versificaz.e francese, prov. e ital. comparata con la tedesca; Bartsch, nel Jahrbuch, I, ristudia la poetica provenzale, Tobler, Von franz. VersbauAdolf Tobler, Vom französischen Versbau. (sic.), ristampato nel 1883 porta innanzi gli studj sulla poetica francese insieme col Lubarsch (Französ. VerslehreOskar Ernst Lubarsch, Französische Verslehre, 1879. 1879) e col Becq de Fouquières (Traité general de la versification françaiseLouis de Becq Fouquières, Traité general de la versification française, 1879., Paris, 1879) preceduti dal Quicherat che già nel 1850 pubblicava la 2° ed. del suo Traité de la versification françaiseLouis Quicherat, Petit traité de la versification française.).

/

Lo Schuchardt con i Ritornelle und TerzinenHugo Schuchardt, Ritornell und Terzine, 1875. (sic.) (1878) estende le conoscenze sulla poetica italiana; Mila y Fontanals fa altrettanto per la poetica spagnola e portogh. con una memoria sul decasillabo e con altro scritto nella RomaniaRomania. Revue trimestrielle consacrée à l’étude des langues et des littératures romanes, 1872-.; e intanto il Gautier, illustrando le Prose di Adamo di S. Vittore, porta nuovi contributi per la ritmica latina; lo studio del Gautier provoca una bella lettera di G. Paris (Bibl. Ec. d. Ch. 66) sullo stesso soggetto, e due anni dopo il Bartsch lo riprende per sottoporlo a più ampia trattazione nel vol. Die latein. Sequenz. des MittelaltersKarl Bartsch, Die lateinischen Sequenzen des Mittelalters in musikalischer und rhytmischer Beziehung, 1868. Rostock, 1868. Il più recente e il migliore studio sulla ritmica latina è oggi quello di G. Meyer di Spira, Der Ludus de Antichristo und über die lateinischen RhythmenWilhelm Meyer, Der Ludus de Antichristo und über die lateinischen Rhythmen, 1882.,Munchen, 1882.

/

Lavori bibliogr. del Mabillon, Haenel, Lami nel periodo precedente.

in questo secondo recarono complementi preziosi, oltre i grandi cataloghi mss. della Naz.di ParigiBibliothèque nationale de France e delle altre grandi Bibl., i lavori speciali del Keller, Heyse, Greith, Bartoli ecc.

Maggiori sussidj si ebbero poi dal progresso della Paleografia e diplomatica. – Collez. di facsimili; studj regionali – unità delle scritture neolate.

/

Il Diez che, come dicevo poco fa, segna il punto di distinzione fra i due periodi, cominciò la sua carriera letteraria nel 1818; ma le prime pubblicazioni non furono tali da poter dire che avessero portata una rivoluzione negli studj come fu quando ebbe pubblicata la Grammatica delle lingue romanza (sic.). Soltanto dopo quest’opera la filologia poté acquistare il diritto di essere noverata fra le scienze

1) Nell’archeologia e storia dell’arte medievale Du Méril, Wright, Cahier, La Croix, De Rossi;
Nella storia della musica Fétis, Coussemaker;
Nella paleografia e diplomatica De VaillyJoseph-Noël de Wailly (1805-1886), Delisle, VattembachWilhelm Wattenbach (1819-1897) (sic.), Sickel, Mühlbacher;

Riviste
Archiv fur das Stud. d. neuer Spr.
Jahrbuch fur rom. u. engl. Literatur
Revue des langues romenes
Romanische Studien
Romania; Rivista di filol. rom.
Archivio glottologico
Zeitschrift fur rom. philol. _ Anglia
Französische Studien _ Englische Studien
Literaturblett / Romanische Forschungen
Zeitschvift fur französ. spr. Und literat.
Archivio per le trad. popol.
Folklore español.
Rivista d’etnologia e de glottologia
Revue des patois di Cledat
Le Moyen Age di Marignan

Dopo «[...] il diritto di essere noverata fra le scienze» la carta risulta interessata da una linea orizzontale che divide la pagina in due.
/

(I) E tale studio da allora in poi acquistava valore non solamente per far uscire dal campo delle ipotesi e delle vaghe induzioni i principali problemi concernenti le nostre origini idiomatiche, ma perché recava sussidi anche in più larga sfera d’indagini. Infatti la formazione delle lingue romanze essendosi operata in un’epoca pienamente storica e quasi diremmo sotto i nostri occhi, il processo delle leggi evolutive qui doveva rivelare alla storia del linguaggio dei segreti che invano si sarebbe tentato di scoprire nella vita di favelle più antiche.

Ma da allora altresì lo studio del provenzale cessò di essere uno studio a sé; non si poté più essere buon provenzalista senza essere buon romanologo, e agli occhi del romanologo gli studj sul provenzale non hanno oggi maggiore importanza degli studj sull’italiano, o sul francese o sullo spagnolo ecc. così la schiera dei provenzalisti si è andata diradando, mentre pure si è elevato l’obbjetto dei loro studj. Nel provenzale oggi non si cerca più, come dal Bembo al Raynouard, la lingua madre della lingua nostra, ma del provenzale ci serviamo come d’istromento per meglio chiarire le comuni origini dal latino.

II

/

Applicando la teoria fonologica allo studio della etimologia, Augusto Pott intraprendeva nel 1833 le sue ricerche etimologiche nel dominio indo-europeo, che rinnovavano la critica etimologica e la facevano ammettere quale una sezione della nuova scienza del linguaggio.

E intanto Schleicher faceva un passo anche più notevole, mentre riduceva a compendio la grammatica di Bopp. Dello studio analitico e comparativo dei suoni e delle forme della grammatica indoeuropea si elevava alla ricerca di quel linguaggio anteriore e perduto che sarebbe stato il vero archetipo come del sanscrito così delle altre lingue ariane, e per mezzo della induzione fonologica e morfologica ne ricostruiva lo schema.«In questo periodo dunque si determinò l’attività del Diez intorno alla Gramm. neolatina; e già aveva dinanzi oltre la grammatica di Bopp quella più speciale di Grimm, il quale aveva voluto nell’istessa maniera studiare lo svolgimento particolare di una sezione del gruppo indoeuropeo, la sezione degli idiomi germanici. Diez applicò lo stesso metodo al gruppo romanzo.

/

Notizie storiche e bibliogr. sulla filol. neolatina nel 2° periodo

Se il voler riassumere anche brevissimamente tutto il movimento filologico del 1° periodo torna difficile, molto più difficile ciò riesce per il 2° periodo, benché qui si tratti di uno spazio di tempo assai più ristretto; poiché, invece di sei secoli, si debbono passare in rassegna appena ottant’anni. Ma in uno spazio così breve il movimento scientifico fu incomparabilmente più intenso e più efficace; e, mentre per un lato non troviamo molte di quelle opere capitali, il ricordo delle quali basta a delineare per sommi capi la storia degli studj; per altro lato il numero delle opere che, senza essere capitali, pure gioverebbe fossero ricordate, attesa la parte reale che hanno avuto nel progresso della scienza, è un numero così considerevole che una rassegna sommaria trova difficoltà a ogni passo. Basta il ricordare che soltanto le bibliografie annuali che vanno dal 1858 al 187, ci danno in complesso la cifra di 13,705 pubblicazioni fatte nel dominio della filologia neolatina, né tutto vi fu registrato, e manchiamo ancora di bibliografie per gli anni che dal 1858 risalgono fino al 1820, come ne manchiamo per gli anni 80, 81, 82. Onde non è esagerazione il supporre che una bibliografia completa raggiungerebbe o quasi la cifra di 20,000.

/

Ho voluto premettere questa avvertenza affinché non s’abbia nemmeno per un momento a credere che ciò che sarò per dire, possa bastare a dare un’idea adeguata del movimento letterario della filologia neolatina in questi ultimi 60 anni. Ciò che noteremo basterà soltanto a mettere sulla via, chi voglia saperne di più, a fare ulteriori ricerche da sé stesso. Del resto le singole parti di questa storia e quella segnatamente che si chiama la storia interna, saranno riprese e svolte maggiormente, durante il corso, ad ogni capo che tratteremo.

Aggiungo che, a mia notizia, lavori furono già pubblicati per dare conto dei progressi della filologia neolatina in questi ultimi anni. Uno di essi è del prof. Canello e fu pubblicato nella Rivista Europea, nel 1872, col titolo Il prof. Fed. Diez e la filologia romanza nel nostro secolo. Il secondo col titolo di Rapport sur l’état actuel de la philologie des langues romanes di P. Meyer uscì nel 1874 fra le relazioni pubblicate nei volumi della Società Filologica inglese. Il terzo è un altra (sic.) relazione simile per gli anni 1875-82 e stesa dal prof. StengelEdmund Max Stengel (1845-1918) per la stessa società inglese. Finalmente una relazione limitata agli studj sui dialetti italiani uscì nel 1879 nei vol. della stessa società a cura del prof. Rajna.

/

I giuramenti di Strasburgo

Importanza dei Giuramenti di Str. nella storia letteraria.

Provenienza del testo – Dubbi che restano intorno alla sua forma primitiva, dedotti dagli errori manifesti che vi si osservano, dal non pieno accordo col testo tedesco, e dalla assenza di formole consuete in atti diplomatici di questa specie.

/

Di ciascun tema si farà l’analisi gramm. e il commento, premettendovi un cenno sull’importanza attribuita al documento nella storia letteraria. Si risponderà a un quesito di st. della filologia.

Sul margine sinistro, in colonna, sono riportate le seguenti indicazioni: «7B/8A/8B/8C/8D/9A/9B/9C/9D/9E/10°/13° Giur. I /13b Giur. II/ 14 Eulalia/ 151 Leger/152 Leger / 15 3Leger
/

Edizioni diplomatiche e loro varietà

Edizioni con varianti

Edizioni critiche e loro varietà

Esempi notevoli 1) Wackernagel, Altfr. Lieder ecc.; 2) Dante del Witte; 3) St Alexis del Paris, Joinville e Villardouin del De Wailly.

Esame e differenze di questi sistemi:
Una dà il testo quale lo trova, o perché già rappresenta fedelmente l’originale o perché non vi è altro mezzo per rappresentarlo meglio;
l’altra dà il testo tal quale della fonte la più autorevole, riconosciuta però non affatto genuina, e vi aggiunge il confronto di tutti gli altri testi perché il lettore possa da sé tentare la piena restituzione dell’originale.
La terza finalmente fa essa stessa questa restituzione e rappresenta perciò, come lavoro filologico, l’opera la più completa. Essa però è anche la più difficile e finora non se ne può citare un solo esempio riuscito appieno. La difficoltà sta principalmen- / te nella restituzione della lingua e più ancora della ortografia. Anche la bellissima ediz. del Gautier presenta nella lingua gravi difetti. Il Paris seppe in gran parte superarli nella sua ammirabile ediz. del S. Alessi (sic.), ma egli saltò a piè pari la questione ortografica, sopprimendola, e ciò fu un errore giustamente rimproveratogli dal Meyer.
Il De Wailly tentò di risolverla valendosi del sussidio di carte locali contemporanee; ma nemmeno le sue edizioni del Villehardonin o del Joinville possono dirsi al tutto scevre da dubbj; né può essere altrimenti, poiché stabilire teoreticamente una ortografia, quando regole ortografiche non per anco si avevano è cosa assurda.

Quindi vediamo prevalere il sistema misto, che spinge l’opera di ricostruzione al contenuto e al processo sintattico e morfologico, ma si affida al ms. più autorevole senz’altro per l’ortografia. Così vediamo nelle migliori edizioni della société des Anciens textesSociété des anciens textes français, / nella Altfr. BibliothekAltfranzösische Bibliothek, 1879-. del Foerster ecc.

E bastino per ora questi cenni intorno ai progressi del metodo di pubblicare i testi; sul che ho voluto richiamar l’attenzione, perché le edizioni dei singoli autori illustrati come dissi hanno recato i maggiori sussidi al progresso della Storia letteraria.

La tedesca in ispecie e oggi anche la francese e la provenzale hanno un profondo substrato solidissimo su simili edizioni. La nostra invece oscilla di continuo e va sempre mutando aspetto perché questo substrato ci manca quasi del tutto.

Conclusione. Stato presente della filol. neolat. Sue influenze nel momento attuale.

/

Corso 1915-1916

Appunti per la storia della filologia romanza

1. Perché si studia questa storia? Dove possiamo studiarla?
2. Quale parte spetta in questa storia ai grammatici dell’antichità? quale ai grammatici del medio evo?
3. Quali i vantaggi e quali i danni che si debbono all’opera dei grammatici del medioevo?
4. Come e dove cominciarono gli studi intorno alle lingue romanze? A quali intenti furono ispirati? Quale parte ebbe DanteDante Alighieri (1265-1321) in questi studi?
5. Primordi della storia letteraria e suo svolgimento.
6. La prima accademia della lingua e lo sviluppo della lessicografia.
7. Prime opere bibliografiche e biografiche.
8. Primordj della paleografia e della diplomatica.
9. Prime raccolte di documenti storici e letterarj.
10. Tendenze che si manifestano negli studj storici al cadere del sec. XVIII.
11. Il Raynouard e la sua opera.
1. L’influsso della dottrina del Rayn. ne’ suoi contemporanei.
13. Fed. Diez e il rinnovamento della filologia.
14. L’Ascoli e la dialettologia.

/

Facsimili studiati

1 7B
2 8A
3 8B
4 8C
5 8D
6 9A
7 9B
8 9C
9 9D
10 9E
11 10A
12 13A
13 13B
14 14A
15 14B
16 15A
17 15B
18 15C

I facsimili sono tra loro riuniti da diverse graffe per mezzo delle quali Monaci ne indica il contenuto: quelli da 1 a 10 sono relativi alle «Glosse di Cassel»; i facsimili 12 e 13 sono relativi ai «Giur. di Strasburgo»; i facsimili 14 e 15 riguardano «S. Eulalia»; i facimili 16, 17 e 18 sono infine relativi a «St. Léger»
/

Programma per il corso 1915-1916

Se i miei scolari fossero tutti di 2° anno, cioè quegli stessi che seguirono il mio corso 1914-1915, riprenderei subito Vorrei prima di tutto riprendere la trattazione rimasta in tronco nel passato maggio e continuarla.

Si trattò allora di una introduzione generale alla storia delle letter. romanze, introduzione di cui non potei svolgere che la quarta parte.

Ma alla trattazione delle altre tre parti non basterebbe tutto l’anno che abbiamo dinanzi, se la materia si dovesse svolgere come si fece per la prima.

Per abbreviare, senza perder di vista lo scopo principale, procederemo quest’anno in altro modo. Anziché fare una rassegna sistematica di tutto il materiale che la storia ci presenta nelle tre branche della letter. didattica, lirica e drammatica; esamineremo alcuni dei documenti principali di queste branche e intorno ad esse raggrupperemo le nozioni più necessarie in modo analogo a quello che si tenne per la letter. narrativa.

/

Quale il nostro programma per il 1915-1916?

Se dovessi parlare solo a stud.i di 2° anno, riprenderei la trattazione della materia rimasta in tronco nel maggio scorso.

Ma se avrò anche stud.i di primo anno, dovrò permettere a modo d’introduzione alcuni cenni sulla filologia romanza in generale.

Ciò mi sembra tanto più necessario in questo momento nel quale si sente che anche pei nostri studi si chiude o si sta per chiudere un periodo storico e si avvicina il principio di un’era nuova.

/

Per la storia della Filologia romanza

La società italiana per il progresso delle scienzeSocietà Italiana per il Progresso delle Scienze ha chiuso in questi giorni l’ottava sua riunione con un voto inteso a promuovere e ad incoraggiare gli studi per la storia delle scienze. Ricordo questo voto, perché esso vi farà sentire che non era soltanto una opinione personale mia quella che mi spingeva pochi giorni prima a raccomandarvi di studiare la storia della filologia romanza come il miglior modo per addentrarci in questa disciplina. Purtroppo tale studio non è senza difficoltà per principianti, mancando finora per la filologia romanza un’opera che ne riassuma tutto lo svolgimento storico come per la filologia germanica lo riassumeva l’opera di RaumerRudolf von Raumer (1815-1876). Della storia della filol. rom. non abbiamo a tutt’oggi che frammenti od abbozzi. Frammenti possiamo chiamare quelli di G. Paris e di U. A. Canello, che parlano della filol. rom. dal Raynouard e dal Diez in poi; così pure le relazioni sui progressi ulteriori mandate da P. Meyer e da Edm. Stengel alla Philological Society di LondraLondon Philological Society, e le altre raccolte dal Vallmöller nel suo Jahresbericht a cominciare dal I… abbozzi o prospetti storici più ampi sono quelli del Neymann (sic.) e del Gröber. Essi vollero risalire i tempi anteriori al Diez e al Raynouard e tracciare le vicende degli studi sulle antichità romanze e cominciare dal sec. XIII, brevemente il primo, assai più ampiamente il secondo; e giustizia vuole si riconosca come nel lavoro / principalmente del Gröber, se non troviamo uno svolgimento pieno della materia, vi troviamo tuttavia, e ben piantato, lo schema dell’ordinamento di essa; così che il giovane ben può di lì muovere per una trattazione ulteriore. Ma pur come abbozzi o prospetti, quelli del Neumann e del Gröber non possono dirsi completi, se poniam mente al tempo ch’essi considerarono come la prima età di codesti studi.

/

I gr ammatici nell’età romana - § 2, cart. 2.

I gramm. dopo l’invasione barbarica - § 3, c. 4.

In che consisté l’insegnamento dei grammatici nel medio evo ___ § 4, c. 7.

Come i grammatici vennero rinnovando l’insegnamento del latino ___ § 5, c. 13.

Come i grammatici rinnovarono il lessico latino ___ § 6, c. 20.

Come i grammatici rinnovarono la versificazione metrica ___ § 7, c. 24.

Come i grammatici svilupparono la versificazione ritmica ___ § 8, c. 26.

Come i grammatici elaborarono la prosa d’arte ___ §§ 9, 10, cc. 28-30.

Come dai grammatici si passò dal latino alle lingue volgari ___ § 11, c. 31.

/

Filologia romanza
Limiti nel tempo.

Il vostro insegnamento si intitola “storia delle lingue e delle letter. neolatine”. Nulla in questo titolo che apporti o che implichi una limitazione di tempo. Fin dove giunge la vita di queste lingue e di queste letterature, fin lì deve pur giungere la loro storia. Ci arresteremo al medioevo con la letteratura provenzale, perché col medioevo cessò la sua vita. Ma se ci arrestiamo al medioevo con la letterat. francese o con quella di Spagna, non è perché lì finisca il compito del romanologo; sibbene perché col medioevo si termina la letteratura delle origini, il periodo cosidetto delle letterature nazionali, quello che era finora il meno conosciuto e il più necessario da conoscersi per spiegare la letteratura dei secoli posteriori, quello che più abbisogna di metodi speciali per acquistarne la conoscenza; e se l’insegnante trova la sua classe già ben preparata su quel terreno, nessuno gli vieta, anzi il dovere potrà consigliarlo di passare all’età successiva e di correre quanto può per l’età moderna. E nella età moderna, anzi nella contemporanea, non siamo già sempre portati dallo studio dei dialetti e dallo studio del folklore? E perché studiamo / i dialetti e il folklore se non per trarne le ragioni, nei dialetti, delle vicende degl’idiomi nazionali dal loro primo apparire fino al momento presente; nel folklore, degli elementi che vivificano le letterature moderne e spiegano i fatti dell’oggi come necessaria conseguenza delle tradizioni del passato?

E a che mira poi sempre e dovunque la storia, se non a illuminare il presente con i riflessi del passato? l’interesse che noi poniamo nello studio del passato, non è tutto in ragione dell’utile che ne caviamo per la conoscenza del presente? Togliete il presente all’obbiettivo dello storico, e lo storico diventerà un semplice erudito. E in questo appunto il romanologo ha sempre inteso a distinguersi dal puro erudito, in quantoché, per l’erudito lo studio del passato è fine a se stesso, per il romanologo invece quello studio gli interessa sol perché gli è mezzo alla miglior conoscenza del presente.

/

Per la storia delle letterature romanze.

Donde cominciare? Una volta non si esitava a dire: dal sec. V; anzi si recava una data anche più precisa, il 476, il momento cioè … ecc.

Oggi credo che nessuno avrebbe il coraggio di richiudersi in quei limiti; tutti sentono che la vita del pensiero moderno comincia più su, ed io credo che nella letteratura nessun’opera segni così bene e così sicuramente i confini fra le due epoche, fra le due civiltà, fra i due pensieri quanto lo segna la Bibbia, al suo apparire nella sua nuova veste latina, al suo diventare il libro per eccellenza dei popoli occidentali…. (vedi a tergo).

/

L’apparizione della Bibbia nelle sue varie traduzioni latine può segnare nella storia il punto di divisione fra l’antica letteratura di Roma e la letter. latina del medioevo.

È vero che fra l’una e l’altra letteratura la continuità non fu mai interrotta, e che i fatti della prima sono strettamente concatenati coi fatti della seconda. Ma è anche vero che esse diversificano tra loro come la luce dalla tenebra, come il bianco dal nero; e ciò quantunque gli elementi formali siano pur sempre gli stessi.

Or come spiegare questo se non perché nella composizione e nell’equilibrio di quegli elementi è avvenuto un mutamento, e che un mutamento anche più profondo si è determinato nello spirito animatore di essi?

Ed è appunto quel mutamento che per la prima volta ci si manifesta decisamente nelle traduzioni della Bibbia; come nella Bibbia stessa sorprendiamo lo spirito nuovo che da allora in poi, e direttamente o indirettamente, ma sempre con maggiore intensità ed efficacia, agiterà gli elementi formali e li sospingerà a nuove creazioni.

Non sarà dunque arbitrario prendere le mosse di là per abozzare (sic.) un piccolo quadro della letteratura latina del medioevo, e cominciamo dall’osservare un po’ più particolarmente queste prime traduzioni della Bibbia ed il loro significato storico.

/

Storia letteraria – Sua metodologia.

Un romanologo novizio mi domandava un giorno: ma delle letterature moderne non dobbiamo occuparci noi? Perché circoscriversi nel medioevo?

Io non credo che nessun uomo di buon senso abbia fissato quei limiti alla filol. romanza. Credo anzi che simili limitazioni sieno assurde. Solo è da ricordare che la letteratura moderna non abbisogna tanto quanto la medioevale di un tecnicismo su (sic.) proprio nell’esercizio della critica; perciò ai giovani che vogliono istruirsi non è opportuno di farli cominciare dall’età moderna; giova invece che s’irrobustiscano cominciando dal lavorare nel campo dove la fatica e (sic.) maggiore e dove è necessaria maggior disciplina.

Ma lo studio della letter. moderna, oltre al non essere fuori del dominio filologico, dirò che ha le sue molte utilità anch’esso. Ne accenno una finora poco sentita. Voglio dire che può ajutarci molto e meglio intendere e spiegarci i problemi che si affacciano nel periodo delle origini. Nella storia ben poco troviamo di nuovo; il più è rinnovamento, frutto necessario di ricorsi più o meno lontani. Ora, quando si voglia studiare uno od altro di tali ricorsi, non è meglio cominciare dagli ultimi, che sono più alla portata nostra?

/

(Storia letter. _ Sua metodol.)

Lo storico si trova, nella indagine della verità, in condizioni analoghe a quelle di un capitano che vuol stringere d’assedio una fortezza. Come quello comincia dal ‘tracciare le sue parallele dal punto lontano in cui si trova, per vener poi accostandosi sempre più; così lo storico deve anch’egli cominciate (sic.) dalle parallele sue, e da queste muovere per accostarsi sempre più al punto che vuol conquistare e mettere allo scoperto.

/

La filologia romanza
e l’arte.

/

Il movimento filologico del secolo ebbe il suo influsso anche nei dominj dell’arte.

Avremmo noi WagnerWilhelm Richard Wagner (1813-1883), se le belle leggende dei Nibelunghi, del Graal, e d’Isotta e Tristano, risorte a vita proprio intorno a quei tempi, non fossero venute ad accendergli la fantasia e a commuovergli il cuore e la mente?

E quanti altri soggetti esumati dalla filologia e rimessi a nuovo dall’arte non hanno fatto guadagnare belle palme ad altri scrittori e artisti moderni?....

Perfino le vecchie forme poetiche poterono dare qualche ora di più di vita alla musa agonizzante del sec. XIX. Donde gli effetti che il CarducciGiosuè Carducci (1835-1907) seppe ricavare con le sue odi barbare, il D’AnnunzioGabriele d'Annunzio (1863-1938) con le sue prose rimate?

E donde anche quel rinnovamento formale che si estese perfino all’ortografia?

È vero che qui il rinnovamento non fruttò allori, / anzi avrebbe rischiato di cadere nel ridicolo, se…

Ma di contro alla ricerca studiata e faticosa di novità strane nella lingua e nella ortografia aulica, caratteristica di questa fine di secolo pure inneggiante a tutto ciò che sentisse comunque di popolare, la vera musa del popolo ci ha fatto gustare una poesia nuova, che non ci lascia troppo lamentare la fine della musa convulsa dei salotti.

/

La vera poesia italiana finisce in questo secolo col LeopardiGiacomo Leopardi (1798-1837). Quello che apparisce dopo di lui, da AleardiAleardo Aleardi (1812-1878) a Carducci e D’Annunzio, non è veramente una poesia nuova, ma è l’agonia della antica, è un succedersi di convulsioni d’un essere stremato di vitalità, e una serie di casi patologici uno più curioso dell’altro.

/

Alla fine del secolo, al cominciare dell’ultimo quarto, all’improvviso sull’orizone (sic.) ci si affaccia qualcosa di nuovo; dapprima informe, poi apparisce quasi uno sciame di bellissimi scarabei, lucenti, vividi, smaglianti, … un insieme mai più veduto, che sorprende tutti, che incanta, che fa dire ai profeti maggiori: vedete? La poesia non è morta ancora. Quel magnifico sciame, mai più veduto, s’innalza solennemente nell’etere in mezzo alle ammirazioni… che si ammira? il ronzio? o la festa dei colori che il sole versa sulle loro ali?

/

Storia dell’Arte

Mentre in Italia si fa tanto ostacolo a far entrare la storia dell’arte nell’Università, in Francia se ne propugna l’insegnamento anche nelle scuole secondarie, e là si vorrebbe che ogni istituto, oltre la sala di studio, avesse un’altra sala ove esporre una serie scelta di monumenti corrispondenti all’epoca storica su cui versa l’insegnamento. V. A. D’Avril in Revue d. quest. historiquesRevue des questions historiques, 1866-.LXVII, 696.7, a proposito del libro L’Histoire de l’art dans l’enseignement secondaireGeorges Perrot, L’Histoire de l’art dans l’enseignement secondaire, 1900., Georges PerrotGeorges Perrot (1832-1914) (Paris, Chevalier-Marescq, 1900, in 8° di pp. 158).

/

Per la Storia dell’Arte

Qualche anno addietro un Ministro della P. I. mi faceva pervenire copia di un decreto, pel quale l’insegnamento della filologia neol. doveva portare il suo contributo anche nella Scuola di perfezionamento per la Storia dell’Arte.

Non una riga mi accompagnava quella comunicazione che – se si fosse dovuto dirigerla a un servitore di piazza – forse sarebbe stata più rispettosa. Mi adoperai tuttavia a serverire (sic.) la mia patria anche in ciò come meglio potei. E siccome il sig. Ministro metteva a scelta dei candidati un corso di filol. neol. o un corso di paleografia, quantunque poi la paleogr. non fosse un insegnamento officiale, mi adoperai affinché ai candidati non potessero mancare i soggetti della scelta. Da quel momento data l’apparizione della paleogr. fra le materie dell’insegnamento libero, e – potranno tutti riconoscerlo – in nessun momento la libera docenza ha fatto più nobile prova di se stessa.

/

Storia letteraria.
Suo ordinamento.

/

Come nelle altre discipline così anche nella storia letteraria l’indirizzo moderno scientifico ha rinnovato i metodi della ricerca e i criterj del giudicare. A farsi una giusta idea di questo rinnovamento è utile riandare brevemente le frasi percorse dalla storiografia delle lettere.

Secondo il Ferrieri, tre sarebbero queste fasi:
1a. quando prevalse la tendenza biografica e bibliografica;
2a. quando prevalse la tendenza civile ed estetica;
3a. quando l’una e l’altra delle tendenze predette cedè il posto all’indirizzo storico.

Rappresentanti della prima tendenza furono il GhiliniGirolamo Ghilini (1589-1668), il CrassoLorenzo Crasso (1623-1691), il Crescimbeni, il FontaniniGiusto Fontanini (1666-1736), lo ZenoApostolo Zeno (1668-1750), il Grimma, e soprattutti il TiraboschiGerolamo Tiraboschi (1731-1794), la cui storia rimane anch’oggi la sorgente più copiosa e il più sicuro repertorio dei fatti della nostra letteratura, quantunque vi manchi la ragione filosofici (sic.) dei fatti stessi, la ricerca dei nessi che li collegano, delle relazioni fra le opere letterarie e il movimento intellettuale contemporaneo, fra il genio individuale e l’ambiente storico. Lo stesso indirizzo seguirono il QuadrioFrancesco Saverio Quadrio (1695 1756-?), il SignorelliPietro Napoli Signorelli (1731-1815), il MazzucchelliPietro Mazzucchelli (1762-1829), il FabroniAngelo Fabroni (1732-1803), il MaffeiScipione Maffei (1675-1755), il Lami, l’ArgelatiFilippo Argelati (1685-1755), il Foscarini, il TafuriBernardino Tafuri (1695-1760), il Ginanni, l’AffòIreneo Affò (1741-1797), il Fantuzzi, il Soria, il D’AfflittoEustachio D'Afflitto (1742-1787), il PoggialiCristoforo Poggiali (1721-1811), il Barotti, il De Rossi. E la stessa via batterono anche il CornianiGiambattista Corniani (1742-1813) con i suoi continuatori, il GinguenéPierre-Louis Ginguené (1748-1816), il SismondiJean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi (1773-1842), G. MaffeiGiuseppe Maffei (1775-1858), quantunque in essi il senso storico e critico moderno cominci ad affacciarsi, e il Ginguené si distingua dai predecessori per copia e precisione di dottrina, il Sismondi per acume e novità di giudizi, l’UgoniCamillo Ugoni (1784-1855) per originalità d’indagini e liberalità d’intendimenti.

Ma intanto il VicoGioacchino Volpe (1876-1971) con la Scienza novaGiambattista Vico, Scienza nuova, 1725., e con altri scritti il GravinaGian Vincenzo Gravina (1664-1718), il MetastasioPietro Metastasio (1698-1782), il BarettiGiuseppe Baretti (1719-1789), il GozziGaspare Gozzi (1713-1786), l’AlfieriVittorio Alfieri (1749-1803), il BertolaAurelio Bertola De Giorgi (1753-1798), il DeninaCarlo Denina (1731-1813), il CesarottiMelchiorre Cesarotti (1730-1808) e il MontiVincenzo Monti (1754-1828) avevano allargato la critica a idee più libere e razionali, assorgendo alla concezione dell’arte e della letteratura in connessione più intima con la realtà della vita.

E dopo di essi Ugo FoscoloUgo Foscolo (1778-1827) col suo famoso discorso sul testo del poema di Dante dava nuovo impulso e avviamento più diretto al metodo moderno, riuscendo a contemperare nello studio dei capolavori la dottrina storica con l’analisi psicologica e col gusto estetico, e sempre più cercando di ricollegare l’arte col vero scientifico e colla vita civile, integrando così la ricerca paziente del MuratoriLudovico Antonio Muratori (1672-1750) collo spirito filosofico di G. B. Vico.

/

Storia letteraria – Suo ordinamento

Un prospetto di st. lett. per uso scientifico può molto utilmente essere ordinato per generi, quantunque nelle letterature romanze del medio evo la produzione non sia così rigorosamente subordinata alle divisioni della tradizione classica. Così fece anche il Paris nel suo manualetto per la storia della antica lett. francese. Ma, nei quattro generi, sarà pure da seguire il Paris che dà il primo posto all’epica e il secondo alla didattica?

Se consideriamo che la tradizione didattica è la più antica nelle tradizioni letterarie dei popoli romanzi; perché essa non subì interruzione passando dall’antichità nel medioevo, e se consideriamo che la didattica tradizionale più o meno esercitò influenza su tutte le altre opere letterarie del medio evo, si comprenderà facilmente che il primo posto, nell’ordinamento di un prospetto storico spetta alla didattica, e che soltanto dopo aver conosciuto la parte della didattica nella storia del m. evo, si potrà intuire l’elemento originale degli altri generi.

/

L’opera di P. de JullevilleLouis Petit de Joulleville (1841-1900) e l’opera di VillariPasquale Villari (1826-1917) – differenze – nuovi passi da fare.

Comincerò dal perché di una fonte non ancora illustrata per la storia della poesia goliardica in Italia.

Cenni generali sui goliardi secondo gli studj recenti.

Dubbi che restano insoluti. _ La Cena Cipriani.

rifacimenti che ne elaborano in Germania o in Francia Rabano MauroRabano Mauro, in Italia Giovanni….

Studj del NovatiFrancesco Novati (1859-1915) pei quali restò dimostrato che questi fu Giovanni DiaconoGiovanni Diacono noto autore della vita di Gregorio IGregorio I. Sua felice identificazione dei personaggi nominati da Giovanni. _ non così della cerimonia con la quale il poemetto mostra una evidente relazione.

- Tale cerimonia è quella detta della Cornomania. Descrizione di essa secondo il Polittico di Benedetto canonicoBenedetto Canonico di San Pietro.

- Se, letta quella descrizione, riprendiamo i versi di Gio., ci sarà facile di capire: 1°. che egli con la lettura di questi versi rallegrò Carlo con i suoi cavalieri franchi, il che dovette seguire quando Carlo il Calvo nel natale 875 venne in Roma a farsi coronare imperatore; 2°. che con questi stessi versi si rallegrava il papa quando nel sabato in altis andava al laterano e vi era festeggiato

/

Varia

/

Nozioni generali sulla filologia neolatina.
Manuali – Repertorj.
Riviste che rappresentano il movimento contemporaneo.
Sussidj bibliografici

Storia della filol. neol. – opere del Canello, del Neumann, del Gröber – Pregi e difetti di questi lavori.

La filologia neolatina dai primi secoli del medioevo al XIII.: §2. I grammatici nella età romana. – 3. I grammatici nei secoli di mezzo. – 4. Le enciclopedie. – 5. I trattati speciali. L’insegnamento grammaticale. – 6. I lessici. – 7. La retorica – 8. La versificazione. – 9. La prosa – / 10. I dictatores – 11. I volgarizzamenti. 12. I commentarj e i compendj.

/

La Filologia romanza
nel secolo XIX
ricordi
e note.

/

Alla vigilia del nuovo secolo, venendo a parlare per la prima volta a giovani che intendono d’iniziarsi negli studj della filologia romanza o neolatina, credo che non parrà inopportuno che dia principio al mio corso, dedicando alcune ore ad un rapido sguardo sull’opera della filologia romanza nel sec. XIX e a qualche considerazione sull’avvenire di questa disciplina nel secolo futuro.

Non si pensi però che io miri con questo a fare o anche delineare semplicemente la storia di essa. Tale storia, benché in parte già tracciata, non si potrebbe delineare nel giro di poche ore. Ciò che intendo piuttosto di fare, è riassumere i principali momenti della sua evoluzione e dei suoi progressi, e richiamare l’attenzione vostra su l’azione che la filol. romanza ha potuto esercitare nella vita contemporanea, fuori anche dell’orbita sua propria, contribuendo non poco all’avanzamento di altre discipline storiche, preparando il risveglio della coscienza nazionale, e ravviando l’arte sul tramite delle sue migliori tradizioni.

/

Per la storia della filologia romanza si vedano:

U. A. Canello, Il prof. Federigo Diez e la filol. rom. nel nostro secoloUgo Angelo Canello, Il prof. Federigo Diez e la filologia romanza nel nostro secolo, 1872.. Firenze, 1872.
Estratto dalla Riv. Europea

Altra edizione con mutamenti e miglioramenti pubblicò il Canello stesso nei suoi Saggi di critica letteraria, Bologna, Zanichelli, 1877, pp. 245-287. Del Diez, prima che il Canello, aveva già trattato G. Paris nella bella prefazione che egli scrisse nel pubblicare, da lui tradotta, la Introduction à la gramm. des langues romanes del Diez, medesimo, Paris, Franck, 1863; e la parte biografica di quello scritto fu anche ristampata da Kr. NyropKristoffer Nyrop (1858-1930), Recueil de textes français publiés pour les cours universitairesKristoffer Nyrop, Recueil de textes français publiés pour les cours universitaires, 1895., Copenhagne (sic.), 1895, pp. 1-5. Intorno al Diez è pur da leggere la bella commemorazione fattane a Bonn il 3 marzo 1894 dal successore suo W. Foerster, Friedrich Diez, , Festrede gehalten zur Feier des 100sten GeburtstagesWendelin Foerster, Friedrich Diez, Festrede gehalten zur Feier des 100sten Geburtstages, 1894., Bonn, 1894; che fu tradotto in italiano da V. CresciniVincenzo Crescini (1857-1932) (Padova, Randi? 1894) e in francese da… (Montpellier, Hamelin, 1894). Per altre pubblicazioni fatte in quella stessa occorrenza, tutte d’interesse per l’argomento, ved. una notizia bibliografica in…

/

La filologia romanza nel sec. XIX,
ricordi e note.

/

Storia delle lingue e storia delle letterature neolatine.

Mentre all’estero e principalmente in Germania la nostra disciplina entrando nelle Università prese semplicemente il nome di filologia romanza, qui si volle specificarlo maggiormente e anzi lo si sdoppiò in storia comp. delle l. neol. e in st. comp. delle letter. neolatine.

Fu quello un ordinamento dei più infelici e ad esso si deve non poco delle difficoltà che la nostra disciplina ha incontrate per fruttificare in Italia.

Imperocché si venne così a ingerire la persuasione che lo studio delle lingue sia indipendente da quello delle letterature, come ancora che lo studio delle letter. sia indipendente da quello delle lingue. Così non solamente fra gli studenti ma anche fra gl’insegnanti venne invalendo il pregiudizio che per lavorare nel campo della storia letteraria non abbisognasse punto una larga preparazione in glottologia; e così anche si finì per credere che per addentrarsi nella storia delle lingue non fosse punto necessario aver presente lo svolgimento storico delle relative letterature.

/

La filologia romanza
dopo la riforma del Regol. Universitario.

Le recenti modificazioni portate al Regolamento universitario dànno nella scuola italiana una nuova orientazione alla filologia romanza o almeno le danno una orientazione più ristretta e quindi più precisa.

Ormai, chi insegna questa disciplina non dovrà più pensare a portare simultaneamente il suo contributo nella preparazione di chi si dedica alla filosofia, alla filologia classica, alla storia. Noi dobbiamo occuparci soltanto di chi vuole laurearsi in lettere italiane. Questa limitazione avrà un doppio risultato: di liberare molti studenti dall’obbligo di una materia che non credono in rapporti troppo stretti con quella in cui vogliono addottorarsi; di permettere all’insegnante di lavorare soltanto per coloro pei quali lo studio di questa materia, più che un complemento indispensabile, è una integrazione capitale.

Premessa questa dichiarazione, passo a dire brevemente di ciò che lo studente di lettere italiane può chiedere alla filologia neolatina, di ciò che questa ha il debito di fornirgli.

E qui, alla prima, la risposta è molto ovvia: la filologia romanza deve nello studio delle lettere italiane portare tutti quei chiarimenti che solo possono acquistarsi dallo studio comparativo delle lingue e delle letterature congeneri.

Ma – si avverta bene – lo studio comparativo non dev’essere lo studio elementare; e su questo punto ragioni d’ordine pratico diedero finora motivo a qualche equivoco che è tempo di far cessare. Mi spiego. Sull’esempio delle Univ. tedesche anche in Italia bene spesso si fece consistere un corso di filol. romanza nello esporre la grammatica storica di una o d’altra delle lingue neolatine unendovi le relative nozioni di storia letteraria. Ciò non fu inutile per la nostra cultura; ma, in fondo, si finiva col mancare / al vero intento della disciplina nostra. Essa non mira a insegnare una lingua o una letteratura; essa suppone già acquisito tale insegnamento, e suo compito sarebbe soltanto di utilizzare quelle nozioni, per valersene nelle indagini comparative. Ma purtroppo quelle nozioni preliminari le nostre scuole non le avevano date. Così si suppliva alla meglio, e alla fine accadeva che per sopperire a questa bisogna, mancava il tempo per fare altro.

Orbene, tutto ciò ebbe la sua scusa anzi la sua ragione finché la filol. neol. fu materia obbligatoria per tutti gli studenti di lettere e di filosofia. Ma oggi non è più così, e d’ora innanzi conviene che lo studente di lettere italiane a certi rudimenti ci pensi da sé.

Da mia parte non pretendo molto. Se per le lingue romanze esso studia da sé la piccola grammatica dello Zanner, possederà già gli elementi necessarj per cominciare un corso, e al seguito penseremo qui in iscuola.

Nell’interlinea, sopra la parola «seguito» («e al seguito penseremo qui in iscuola»), è presente la variante «resto».
/

Storia
Suo compito.

“Que semble-t-il… que nous demandions à l’histoire, et plus particulièrement peut-être à l’histoire littéraire, sinon d’être avant tout une résurrection du passé ? Complète, - et complexe à ce titre, - vivante et animée, mais colorée surtout, nous lui demandons de nous représenter, en l’éclairant au moyen du pouvoir de l’art, la multiplicité, la confusion même au besoin, l’aspect ondoyant et mouvant de la réalité. Nous lui demandons de nous rendre la sensation du passé comme actuelle. Et pour cela, dans ses tableaux, nous lui demandons de ne rien oublier ; de s’attacher en tout au détail précis et caractéristique, à l’anecdote, au trait, à la nuance ; de mettre à les reproduire non seulement son application, mais sa coquetterie même, si je puis ainsi dire ; et parfois de donner autant de place au récit des mésaventures conjugales de Molière, ou à l’inventaire de la garde-robe, qu’à l’étude même de la société précieuse, ou du caractère d’Alceste, ou de la véritable signification de Tartufe. ” (F. BrunetièreFerdinand-Vincent de Paul-Marie Brunetière (1849-1906), L’évolution de la poésie lirique (sic.) en France au XIXe. siècleFerdinand-Vincent de Paul-Marie Brunetière, L'évolution de la poésie lyrique en France au XIXe siècle, 1894., Paris, Hachette, 1894, I, 3-4.)

/

Quanto più progredisce lo studio della storia, quanto più il sentimento di essa si sviluppa entro di noi, tanto più si allarga il compito della filologia e si sente crescere il bisogno del suo concorso per raggiungere gl’intenti che la storia si propone.

Si consideri per un momento la evoluzione del concetto chiuso in questa parola storia.

Dapprincipio essa non è che un semplice racconto del passato, quale lo portavano alla mente le tradizioni. Ma le tradizioni non sono tutte di una sorta: altre orali, altre scritte; altre ci rappresentano la impressione immediata e veridica di testimonj sincroni e talvolta anche oculari; altre ci recano soltanto degli echi confusi di chi nulla vide e nulla seppe di certo; altre infine non sono che leggende lentamente formatesi dai vapori di una poesia lontana. Quanto diverso è il valore di siffatte tradizioni per la storia! Eppure essa dapprincipio le accoglie tutte alla pari, indifferentemente si vale delle une o delle altre per dare ai contemporanei una notizia del passato, e in quella fase primordiale nulla può farci distinguere la storia dall’epopea.

Ma si desta lo spirito critico. Esso comincia a vagliare le testimonianze, a scrutarne la sincerità, a eliminare le dubbie, a interrogare gl’indizi, assorge alla teoria delle prove, spoglia il racconto di tutto ciò che non sia accertato e sicuro, e ricompone così lo scheletro del passato.

Invece di fantasmi esso presenta uno scheletro, dal dominio della immaginazione esso vuole portarci in quello della realtà. Ma anche in questo dominio non basta presentare degli scheletri; la curiosità si aguzza, si vuol giungere alla visione del passato come se fosse presente. Perciò si cerca di ravvivare quello scheletro, e per ridare ad esso polpa e nervi, sangue e spirito l’arte viene in soccorso della critica, e nelle lettere vediamo prodursi il romanzo storico quale si organizza nella mente di Walter Scott, e la storia pittoresca quale l’abbiamo ammirata in Tierry e in Gregorovius.

È quello l’ultimo il più alto ideale della storia nella mente moderna?

No, ci risponde il viaggiatore che con i racconti alla mano va faticosamente visitando i paesaggi della storia per rivivere un momento nell’ambiente che essa gli ha descritto; no ci rispondono i cercatori di anticagli e i visitatori di musei che si affollano sempre più numerosi intorno a ogni specie di oggetti che appartennero al passato e che in qualche modo valgono a rimetter loro sotto gli occhi una parte di esso; no finalmente ci dicono i raccoglitori di documenti e di tutte quelle quisquiglie letterarie che fino a poco tempo addietro nessuno curava e che oggi si studiano amorosamente per cogliervi qualche manifestazione, sia pur lieve e fuggevole, o qualche anello della vita che fu.

/

teoria di Lemcke

Come ogni combinazione chimica è accompagnata da uno svolgimento di calorico, ogni combinazione di nazionalità è accompagnata da uno svolgimento di poesia.”

Gaston Paris, Hist. poét. de CharlemagneGaston Paris, Histoire poétique de Charlemagne, 1865., p. 3 ; Th. Braga, Amadis de GaulaTeófilo Braga, Sobre a origem portuguesa do Amadis de Gaula, 1873., p. 14-15.

/

La storia nella poesia

“Les vues de Creuzer et les précieux travaux de son habile interprète, M. Guigniaut, sur le symbolisme de la mythologie, se chargèrent enfin de prouver que toutes les idées généralement admises, les plus bizarres comme les plus plates en apparence, avaient un sens caché dans les croyances et la civilisation de leur temps, et l’on conclut de cette foule d’ingénieuses explications que des traditions assez vivaces par elles-mêmes pour échapper à l’oubli, malgré le flot toujours montant des idées nouvelles, formaient un élément important de l’histoire……

Dumeril, ÉtudesÉdélestand Pontas Du Méril, Études sur quelques points d'archéologie et d'histoire littéraire, 1862., p. 275; ove merita di esser letto tutto il passo, molto più esteso, che vi si riferisce alla poesia popolare.

/

La filologia romanza alla fine del sec. XIX.

Se in altri anni si poté sentire incertezza sull’argomento donde prendere le mosse per un corso accademico, questo non può accadere oggi che ci troviamo alla vigilia di un secolo nuovo.

Questa volta l’idea del momento domina tutti con la sua solennità.

La carta risulta danneggiata e prevedeva un’altra parte di testo che si intravede ma che è illegibile.
/

I manuali, i repertorj, le riviste, le enciclopedie.
Studj sugl’idiomi anteromani.
Studj sul latino e particolarmente sul latino non letterario e sul medioevale.
Studj sulle singole lingue romanze, e sui moltissimi loro dialetti.

/

Benché questa scienza sia sorta già ben avanzato il secolo, e che solamente nella seconda metà di esso si circoscriva il suo maggiore sviluppo, pure questo fu tanto che nessun altro ramo della filologia potrebbe vantare un simile. Il suo fondatore Federigo Diez

/

Quando il latino sembra ormai spento nel parlare dei popoli d’Occidente, e nuovi vernacoli cominciavano a sostituirlo nelle varie provincie dell’antico impero, la cultura riattivata fin dai tempi di Carlomagno fece sorgere una letteratura nuova in lingua latina, che riavvicinò e strinse di nuovo in una unità intellettuale i varj popoli mentre fondavano le nuove nazionalità, e per tutto il medio evo restò espressione della società più elevata di tutti i paesi, ritardando dapprima le manifestazioni delle letterature volgari, poi servendo a queste di modello e di guida.

A farsi dunque una giusta idea del movimento letterario del medioevo e delle origini delle letter. romanze, occorre aver sempre presente il grande quadro della letter. latina di quei secoli, e non studiare i primordj delle letter. romanze senza tener d’occhio contemporaneamente la letter. latina congenere.

A questo scopo sarà utile un prospetto sistematico, analogo a quello che già perl’ant. letter. francese ordinò G. Paris.

/

Gli studj sul latino.

Studiato assai il lat. volgare, non altrettanto forse il latino scolastico degli ultimi secoli; o almeno non fu ancora riconosciuta ad esso tutta l’importanza che ha nella storia delle lingue romanze, segnatamente nella formazione degl’idiomi letterarj.

Cenni storici su questi due rami di studio del latino.

Gli studj sulla storia letteraria.

Forme diverse che la storia lett. ha assunto nel suo svolgimento – Metodologia della stor. lett. _ Tendenza che oggi si manifesta a condensare sempre più la parte espositiva o riassuntiva e a far parlare di loro stessi i tempi e gli autori: questi con lo sviscerarne le biografie e i documenti intimi e con produrne originalmente i brani più notevoli; quelli con descriverli accuratamente e farceli rivivere sotto gli occhi con la rappresentazione figurata di ciò che ebbero di più caratteristico. Così la storia dell’arte, l’archeologia ecc. vengono ad arricchire o integrare la storia lett. e a intrecciarsi con lei.

Dopo «Cenni storici su questi due rami di studio del latino» la carta risulta divisa in due da una linea orizzontale.
/

Leggende

Non occorre qui di ricordare quanta parte abbia la leggenda nella poesia del medioevo e quanto interessamento essa abbia destato fra i moderni, in tutti coloro che del medioevo cercano di scrutare l’anima e il sentimento.

Al cominciare del sec. XIX abbiamo tutta una rifioritura di leggende nel campo dell’arte: poemi, novelle, romanzi, drammi e altre composizioni d’ogni specie rimettono a nuovo quelle poetiche creazioni delle prime età e ne risvegliano il gusto.

Ma nessuno erasi curato fino allora di spiegare la genesi delle leggende, nessuno aveva intuito la importanza del loro studio nella critica storica, nessuno forse poteva per anco prevedere quanta luce nella storia si sarebbe irradiata dalla leggenda tosto ché essa fosse sottoposta ai processi dell’analisi scientifica.

/

Roma nella storia della fil. romanza.

I romanologi, era da aspettare che si volgessero a studiare e ristudiare Roma con particolare interesse. Ma non fu così. Relativamente al movimento generale, ben poco si fece intorno alla città romana. Perché? Due pregiudizi possono spiegare questo quasi abbandono.

Nell’ordine delle indagini linguistiche si disse: l’evoluzione della parola latina non si compie per effetto di una irradiazione continua e unica che partisse da Roma per rifrangersi via via direttamente nei punti più lontani. Si ebbero invece diversi centri, ognuno dei quali sostituì in certa guisa Roma, e da ognuno di quei centri si ebbero così particolari evoluzioni del latino. Ciò naturalmente attenuava l’importanza di una speciale ricerca sulle sorti del latino in Roma.

Inoltre Roma, per gli storici era divenuta una città morta: e nessuno pensò per un pezzo di cercare in questo centro atrofizzato gli elementi donde il pensiero doveva assorgere a una vita nuova. Quindi l’abbandono e la ricerca di nuove orientazioni.

/

La filologia romanza nelle Università italiane e, in particolare, nella Univ. di RomaSapienza Università di Roma.

- Vecchi addentellati – Nuove esigenze – Adattamenti all’ambiente in Milano, in Napoli, in Padova, in Roma – La lettera del Min. GianturcoEmanuele Gianturco (1857-1907)….. Assurdità di quella lettera dinanzi alla scienza, la cui libertà essa fu prima a violare –

/

Il sentimento della nazionalità.

Questo sentimento in Francia si manifesta assai di buon’ora, fin dal tempo dei Merovingi. E poiché allora ogn’idea s’informava dal concetto religioso, così una delle prime manifestazioni del sentimento nazionale l’abbiamo nella canonizzazione di varj santi, come quella di S. Leger, che fu martire, ma più della politica che della religione. Ebbe nulla di simile l’Italia nei primi secoli del medioevo?

/

L’insegnamento filologico nella nostra facoltà non consiste propriamente in una dottrina, sibbene in una disciplina. Esso cioè aspira non tanto a dare un complesso organico di nozioni e di dimostrazioni intorno a un dato soggetto, quanto ad addestrare nella ricerca dei mezzi più sicuri e più adatti per conseguire il vero in qualunque indagine che si eserciti nel campo della storia. In ispecie: con lo studio comparativo delle lingue neolatine non tanto si mira ad insegnare queste lingue – ciò che del resto sarebbe puerile il pretendere in un corso limitato ad un anno – quanto a mostrare siccome per il confronto di esse noi possiamo facilmente risolvere molti problemi intorno alla lingua nostra, i quali altrimenti non si potrebbero chiarire. Così pure con lo studio comparativo delle letter. neol. noi miriamo soprattutto alla illustrazione dei problemi che si presentano principalmente nel dominio della letter. italiana.

/

Finora si studiarono dell’antichità soprattutto gli scrittori (poeti e filosofi), e nell’archeologia non si cercò se non un sussidio per intender meglio gli scrittori. Insomma la letteratura fu studiata più assai delle arti plastiche.

Ma perché noi studiamo l’Antichità? Per conoscerne la vita. Ora, questa vita noi moderni donde meglio possiamo imparare a conoscerla? dal lato interiore o dall’esteriore? cominciando ad osservare tutto ciò che si vede e ch’è dell’uso comune, o dal comentare (sic.) ciò che ci rappresenta soltanto le visioni intellettuali di pochi eletti e si svolge nel soprasensibile?

Non si può esitare nel rispondere. Il liceo deve formare uomini, nient’altro che uomini; deve cioè dare una preparazione da cui l’individuo possa ugualmente avviarsi a diventare così artista come letterato, così scienziato come uomo di mondo. Ora questa preparazione si dà malamente se più del mondo moderno si cerca di far conoscere il mondo antico, e se del mondo antico invece della vita esteriore e reale ci affatticheremo (sic.) a fargli comprendere soltanto la interiore e la ideale. In quell’età impressionabilissima ciò produce quasi sempre uno squilibrio fatale. Si prende ad ammirare e stimare soltanto ciò che è accessorio nella vita e che è accidentale, come sarebbe la poesia, e spesso anche si finisce col non curare più altro e col perdere quindi perfino l’attitudine dell’osservazione, quell’attitudine che cessa / in noi tostoché cessi quella svegliatezza per la quale nessun fatto per quanto minimo ci apparisce indifferente e può passarei (sic.) inosservato.

In interlinea, sopra «confronto» («[...]quanto a mostrare siccome per il confronto»)è presente la variante «lo studio comparativo». Inoltre, sempre in interlinea, al di sopra di «comprendere» («[...] a fargli comprendere») è presente la variante «gustare».
/

Comincia l’A. dall’osservare che fino a poco tempo addietro nella lirica predantesca si riconoscevano tre diverse scuole; ma che i nuovi studj portarono a dubitare così della scuola bolognese come della toscana e della Siciliana. Né egli vuol “contraddire a queste opinioni negative”; bensì crede che si cada in nuovi errori e più gravi “quando si rinunzi anche all’origine aulica della nostra lirica culta per ritenere col M. che gl’incunaboli di essa vadano cercati, anziché a Palermo, a Bologna”. Passando così a parlare della corrispondenza poetica fra Pier della VignaPietro della Vigna, Jacopo da LentiniGiacomo da Lentini e Jacopo MostacciJacopo Mostacci onde era mossa la ipotesi del Da B. a P., trova “più naturale immaginare” che si siano conosciuti in Sicilia, perché da due documenti pubblicati nell’[illeggibile] risulta che Jacopo da Lentini “nel 1233 era a dirittura uno dei principali notai della Curia imperiale” e perché Jacopo Mostacci egli lo trova nel 1240 tra i falconieri imperiali”. Peccato che i documenti qui citati non abbiano date anteriori al 1220! ma per l’autore essi bastano a concludere: “Aulica, cortigiana ghibellina rimane adunque l’origine della nostra lirica culta. La quale dalla corte di Federigo e di Manfredi si diffuse però ben presto per tutta Italia e fu coltivata particolarmente da uomini di legge”.

In interlinea, al di sopra di «riconoscevano» («[...] nella lirica predantesca si riconoscevano») è presente la variante «designavano».
/

App. Probi 86:

Cluaca non clavaca

cf. clavaca in Marini, PDipl. 48;
Schuch., I, 179.

/

occasio non occansio
App. Probi n°. 123

cf. hoccansione in RSub. p. 112.

/

botruus non butro 127

cf. sard. Butrone

/

fascolus non fassiolus. 141

La forma vera era phascolus, del che il compilatore già non si ricorda, quantunque di quella forma fosse rimasta la riduzione passeolus e passiolus, in PlinioPlinio il Vecchio 27,94 D; e 18,198 e 202; 24,65 D.

Oltre che nell’Appendix, si ritrova in Apic. 5,211. Ma più comune doveva essere fasiolus e abbastanza antica. La si ritrova nell’Edict. Diocl. 1,21; 6,33 e 39, e con la forma mutata, fasiolum in Anthim. 69.

/

pusillus non pisinnus 146

cf. in Diehl, V insc. Pisinus 1088 pitinnus 1544 pusinna 1543.

in Georges LWF. è registrato: pitzinnus (klein), da cui l’a. logud. pithinnu, il neologud. pitsinnu e, per contaminazione di pik anche tarent. piccinnu.

non sarà da ricollegarvi anche il nap. picciotto?

/

meretrix non menetris 147

cf. nell’a. lomb. Meltris, a. fr. meutris con evoluzione analoga sempre dovuta a dissimilazione; conf. pure nell’it. gerla e gerna da gerula, movulo e movano da modulus.

/

adipes non alipes 178
App. Probi 178:

Cf. scilium = excidium (Troje) nel cod. Vat.

/

erminomata 190 per ermeneumata

Ullm.Karl Ullmann (1824-1901), p. 196, pensa inverisimile la romanizzazione del ditt. eu. Ma lo Schuchart (sic.) gli ricorda lo sp. romadizio, il sic. romatico (II, 327), e aggiungerei Oropa (Europa) del nap. Luise de Rosa (Crest. App.).

/

App. Probi 211: rabidus non rabiosus

cf. fatuosus per fatuus in Bibb. lat. 125
inebriosus per inebrius ivi
querulosus per querulus ivi
dubiosus per dubius ivi, 127
facundiosus per facundus ivi

/

App. Probi 2/4
grundire non grunnire

it. grugnire e grugnare
aggrondare (ad. grondar
fr. mod. gronder
a. fr. grondir e grognir
pr. gronhir
sp. gruñir
port. grunlir

/

nunquam non nunqua
A Probi n. 219

cf. numqua. Hartmann, n. 4.

/

Pridie non pride
App. Probi 223

cf. pride kal. martias. DRossi I, 26 (a. 296)

/

App. Probi, 1:

Porphireticum… non purpureticum, cf. Liber Pontificalis, ed. MommsenTheodor Mommsen (1817-1903):
I, 98: porphyreticis – B’ porfureticis
I, 99: purphhyretico – porfireticas
OrelliJohannes Kaspar von Orelli (1787-1849), Inscr. lat.Johann Caspar von Orelli, Inscriptionum latinarum selectarum amplissima collectio, 1828. 2832:… revoca me in foro Traiani in purpuretica…
cf. marsyas non marsuas 17
clamys non clamus 119
timym non tumum 191 (1)
myrta non murta 195 (2)
e vd. Grand. § 187, Ullm. P. 191

(1) cf. lecc. tumu, sard. merid. tumbu, sp. tomillo port. tomilho.

(2) cf. it. mortella, sp. port. prov. a. murta, cat. murta, sard. murta.

/

1. Purpureticum marmur per Porphyreticum marmor (scritto -ur)

Nella prima voce sono da notare : 1. lo scambio di o con u nella sillaba iniziale; 2. lo scambio di y con u nella seconda sillaba; 3. lo scambio di ph con p;

La prima alterazione trova riscontro in questo stesso testo da furmica 25 rubigo 187, e in questa stessa nota ma in sede diversa in marmur, tutte forme dove la vocale oscurata è a contatto di una labiale. Il fatto è di carattere generale, come osserva il Gr. § 219 sull’attestazione degli antichi grammatici.

Copiosi altri esempi v. in Seelm. p. 212 e in Schuch. II, 91 e ss. che cita anche da Caper: pollenta non pullenta (p. 135), opilio non upilio (p. 111) ecc.

L’alteraz. di y in u ricorre anche nelle note 17 (marsuas p. -sias) 117 (clamus p. clamys) 191 (tumum per ty.) 195 (murta p. my.),

Altri es. in Seelm. p. 221, in Sch. II 253 e ss., ed è illustrata dal Gr. § 187.

/

2 tolonium non toloneum.

giustamente fu corretto in telonium non toloneum.

La forma greca è τελώνιον. Nei testi latini della Bibbia si alternano le forme teloneum e telonium. Quella in -eum rappresenta un caso di restituzione impropria e sopravvisse tuttavia nel sardo teloneu (Crest. 3,2) di contro al tosc. telonio registr. dai vocabolarj. Quanto a tol- da tel-, si tratta di una assimil. regress.; altri ess. per l’it. v. in Crest. § 348; esempi latini in Seelm. p. 187.

Altri ess. qui di -eu- per -iu- sono
61 ostium non osteum
113 alium non aleum
114 lilium non lileum
34 lanius non laneo
52 dolium non doleum (siccome corregge, invertendo, Endlicher)

/

Speculum non speclum. 3

Ci presenta un esempio di sincope d’u un proparossitono. Esso rispecchia una tendenza che fu assai attiva nel lat. v. (Gr. 232). Specialmente pel nesso rappresentato da questo esempio v. Gr. 234. È da speclum che muovono le formazioni romanze it. specchio, prov. espelh, ecc.

Con questa voce vanno aggruppati pure
masclus 4
vernaclus 7
articlus 8
vaclus o baclus 9
iuvenclus 35
oclus 111
anglus 10
iuglus 11
nonché veclus 5
viclus 6

/

calcostegis non calcosteis 12

la parola non registrata dai lessici è tuttora oggetto di disputa fra i latinisti. Intanto non si può dubitare della sua origine greca e della sua stretta parentela con calcosteum, che occorre in un passo di ServioServio Mario Onorato Ad Aen.Servio Mario Onorato, Commentarii in Vergilii Aeneidos libros, Commentarii in Vergilii Bucolica, Commentarii in Vergilii Georgica. I, 448 (calcosteum templum).

Per noi basta di costatare che offre esempio di dileguo della gutt. sonora fra vocali, gutturale che verso il sec. IV diventò palatina o prepalatale (Gr. 259, ivi altri esempi).

/

septironium non septidonium

cf. baptidiata in DeRossi I, n. 805 (a. 459)

/

serptizonium non serptidonium 13.

lo r fu espunto nelle edd. Foerster ed HeraeusWilhelm Heraeus (1862-1938) come semplice errore di trascrizione. Ciò che va qui notato è il d per z. il fatto si spiega per la pronunzia oscillante che ebbe il greco zeta nel passare in latino, v. Grandg. § 338. Altri esempi si citano in Medentius per Mezentius, baptidiare per baptizare, e altri esempi ancora v. in Seelm. p. 324. Su la vera pronunzia di questa dentale v. Gr. § 339.

/

vacua non vaqua 14.

L’u seguito da altra vocale e preceduto da gutturale perdette presto il suo valore sillabico e si attenuò in semivocale. Così diventarono bisillabi aqua, qualis, monosill. qui, quem ecc. L’uso letterario mantenne a quest’u il suo valore vocalico in alcune parole, mentre l’uso comune tendeva a livellarle tutte in una stessa pronunza (sic.). così nell’it. letterario rivisse il lat. lett. vacuo; ma ecus non equus si continua nel femm. prov. ega, nel sard. ebbu, nel rum. iapa ecc. (v. ML. n. 2883), e cocus non coquus si continua nell'it. cuoco, ecc. V. Gr. § 223.1)

All’incontro exequiae, sostenuto dal linguaggio ecclesiastico, fece scomparire il pop. Execiae 23.

1) v. anche Seelm. 351-2

/

cultellum non cuntellum 16.

La forma letter. cult- sopravvisse nell’it. coltello, prov. coltel, fr. couteau ed altre (v. ML. 2381); ma sopravvisse anche la prop. nell’agnon. cuntielle, nel soprassilv. cuntì e in più varietà abruzzesi (v. FinamoreGennaro Finamore (1836-1923) 5. curtèlle). L’alterazione di l in n è dovuta a una spinta dissimilativa.1) Ed effetto pure di dissimilazione fu la forma con r, non documentata nel lat. volg. ma che si ritrova nel rom. cortello, ne cerign. curtiedde, nel veron. cortielo, veglioto cortial, friul. curtiel ecc.

1) Gr. § 289 ecc.

/

marsias non marsuas. 17.

La prima forma doveva essere scritta con y (marsyas); la seconda, con u, va spiegata per il § 187 del Gr., come già si notò per purpureticum 1.

/

Cannelam non canianus

Nota finora inesplicata. Le congetture le più ardite furono tentate; ma nessuna fece presa. Chi desideri studiarle veda Foerster p. 295, Ullmann 211, 292, Heraeus p. 4 dell’estr. Per noi basta rilevare che nessuno finora vi hai (sic.) intravveduto rapporti con succedanei romanzi.

/

Hercules non Herculens

Nella forma riprovata il Gr. § 311 vede un “n intruso”. Altri vi riconosceva un arcaismo. La questione non c’interessa, perché tale forma non ebbe continuazione in romanzo.

/

columna non colomna 20.

a questa nota va ravvicinata l’altra

turma non torma 59 e 145

e vi potremo anche ravvicinare il denontio del Facs. 2, il colonbu del Facs. 3, tutti esempi che si spiegano per il normale passaggio di u tonico ad o, quando fu originariamente breve l’u. Gr. § 208. Molti altri ess. di lat. volg. riporta il Seelm. p. 216; più ancora lo Schuch. II, 149 e ss. Pei riflessi italiani v. DO. e ML. Gr. stor. D. ling. Ital.Francesco D'Ovidio Wilhelm Meyer-Lübke, Grammatica storica della lingua e dei dialetti italiani, 1906. § 34.

/

facsimili 1, tav. 44. Representazione (sic.) dell’orifizio del corpo di Cristo. il prete dice:

Ie per me non credo
Che questa açima carne e sangue sia,
per la parola mia,
la qual ci dico che poss’exir vera.
Anque il prete:
Questa pur è di grano;
n’abe ricolto nela matre terri
molte cole mie manu
ie n’aggio cocte facte fra duo ferri.
molto me par che erri
di credar che divinità descenda
e carne e sangue prenda
…………………………………….

/

pecten non pectinis 21.

documenta la tendenza, dei nomi a declinazione imparisillaba, a pareggiare le forme sul tipo risultante dagli obliqui; v. Grandg. § 367.

cf. glis non [glir]is 115
grus non gruis 128

/

aquaeductus non aquiductus 22

Il cambiamento del ditt. ae in i non fu ancora sufficientemente spiegato, v. Haraeus p. 5.

Intanto vuolsi notare che, ad escludere che si tratti di un semplice svarione grafico, c’è la forma italiana aquidotto, che tuttora rispecchia la volgare latina. Inoltre si confronti in questa stessa serie il n°. 159, ove troviamo terrimotium per terraemotus. Altri riscontri nella scheda A qui unita.

/

A (supplemento alla nota 22.

aquifuga: Rönsch (da Celio Aurelio, De morbis acut. III, 9, 98; 15,121) p. 85.
aquiducus: R. (da Cel. Aur. Chron. III, 8,119.) p. 228.
Aquilegus : R. (da Tert. Animad. 38) p. 220.
aquilentus: R. (da Varr. ap. Non. 351, 28) p. 139.
aquiminale: R. (dal Digesto XXXIII, 10, 3 pr.) p. 48.
Aquiminarium: R. (dal Dig. XXXIV, 2,21,2) p. 36.
aquiminale, aquimanile, aquaemanile, aquaemanalis in Georges.
il Gradenwitz cita, oltre aquiminale,
anche: aquimanilis
aquimanile
aquiminarium
aquipedius
aquipenser
aquivergium
cf. nell’it. aquiminale
aquidotto (GuicciardiniFrancesco Guicciardini (1483-1540))
aquidoccio
agrifoglio
aquifolio
Aquisgrana
Aquitrino

/

cithara non citera 23.

per la omissione dell’aspirata dopo il t v. Grandg. § 332. Per il passaggio di a ad e nella penultima sillaba va tenuto conto sia della provenienza greca (Gr. §38), sia della tendenza generale di cui parla il Gr. quando una vocale atona si trovi nelle condizioni indicate nel §233. È per questa stessa tendenza che il fiorentino, e con esso l’it. letterario, ci dà barbero per barbaro, e gambero, camera ecc. v. Crest. § 82. Da vedere su citera anche Seelm. p. 174.

/

Miles non Milex
App. Probi 30:

cf. milex. De locis sanctor. martyr. in UlrichsKarl Ludwig von Ulrichs (1813-1889), cod. top. U. RomaeKarl Ludwig Ulrichs, Codex Urbis Romae tipographicus, 1871., p. 82, r.13 (5. IX).

/

iuvencus non iuvenclus 35

Continuatori di iuvencus abbiamo nell’it. giovenco, lecc. scencu, sic. jencu, nap. jenghe; altri riscontri romanzi in ML. 4641;

ma iuvenclus ancora sopravvisse forse nel levant. žwenć cit. dal SalvioniCarlo Salvioni (1858-1920)2 p. 14, e nel pittavino žencle cit dal ML. 4639.

/

acre non acrum 41

il Georges LWF. registra ambedue le forme con copiosi esempi arcaici e seriori (col. 8). Si tratta di uno dei soliti spostamenti flessionali. Acrum rimase nel pop. agro, l'acre si ritrova nel letter. acre.

/

pauper… non paupera… 42

il Georges registra con molti esempi tanto la forma sul tipo di 3a. come la forma sul tipo di 2a. Si tratta dunque anche qui di un metapl. di declinazione, favorito dall’impulso a una più chiara distinzione di genere. V. anche Grandg. § 376. Le risposte romanze sono tutte in relazione col tipo paupera. Solo il vegliato pauper sembra conciliabile con ambedue i tipi; v. Bartoli, Dalm. I, 253.

/

App. Pr. 51: catulus non catellus

cf. Vasculum Cic.
Vascellum Bibbia
agnicula S. Ambr.Sant'Ambrogio
agnellus nei comici lat.
avicula
avicella Isid.
aucella Apic.

Due graffe uniscono «Vasculum Cic.» a «Vascellum Bibbia» e «agnicula S. Ambr.» a «agnellus nei comici lat.».
/

App. Pr. 52: doleus non dolium

corr. dolium non doleus e cf.

/

App. Pr. 53: calida non calda

cf. 54: frigida non fricda
3 speculum non speclum
4 masculus non masclus
5 vetulus non veclus
6 vitulus non viclus
7 vernaculus non vernaclus
8 articulus non articlus
9 baculus non vaclus
10 angulus non anglus
11 iugulus non iuglus
111 oculucs non oclus
130 tabula non tabla
134 fax (e facula) non facla
142 stabulum non stablum
167 capitulum non capiclum
83 auris [auricula] non oricla
171 neptis [nepticula] non nepticla
172 anus [anucula] non anucla
200 tribula non tribla
215 vapulo non baplo
201 viridis non virdis
35 iuvencus non iuvenclus

/

App. Pr. 55: vinea non vinia

cf. 63: cavea non cavia
65: brattea non brattia
66: cochlea non coclia
67: cocleare non cocliare
68: palearium non paliarium
72 lancea non lancia
80 solea non solia
81 calceus non calcius
117 tinea non tinia
132 balteus non baltius
157 linteum non lintium

/

App. Pr. 56: tristis non tristus

cf. 99 = palumbes non palumbus
119 = clamis non clamus

/

App. Pr. 57: tersus non tertus

tertus non era un mero volgarismo, ma un arcaismo e ricorre con esempi di VarroneMarco Terenzio Varrone Sat. Menipp.Marco Terenzio Varrone, Menippearum saturarum libri CL. 169

/

App. Pr. 58: umbilicus non imbilicus

/

App. Pr. 59: turma non torma

cf. 20: columna non colomna
177: coluber non colober

/

glovus non glomus 71

glovus cioè globus sopravvisse nel letter. globo.

glomus rimase nel pop. ghiomo it. giomo trent. gloms prov. Così pure la forma risultante dagli obliqui glomer- restò all'it. gnomero, tarant. gnuemmiru, nap. gliommere, calabr. giombiru, sic. giommaru.
cf. MLübke n. 3801.

/

favilla non failla 73

Benché molti i casi del dileguo di v tra vocali, al Gr. 324 sembra eccezionale questo di failla. Esso può trovar ragione in una spinta a dissimilare le due labiali f-v. Failla si ritrova in più di un cognome; così anche Faella, che probabilmente risale allo stesso etimo.

/

ansa non asa 76

Si tratta del normale dilegue di n av. s, Gr. § 311. La forma rifiutata vive in molti dial. ital.: asa aquil. calabr. logud.; aza lomb. veron. Ecc. Altri es. cita il MLüb. N. 490.

/

flagellum non fragellum 77

è un altro caso di dissimilazione, come notava già il Gr. § 2892.

L'it. flagello è forma letteraria; il romanesco ha fragello, il sic. il sard. fragellu ecc.

/

Calatus non galatus 78

Nessuna delle due forme sopravvisse in romanzo. Tuttavia per noi la seconda forma è interessante, perché ci offre un altro esempio di ga- per ca-. Già si citava gammarus per cammarus, it. gambero; tosc. gattivo per cattivo, lat. captivus, e qualche altro. Galatus del resto si trova, non fosse altrove, fra le carte sutrine del sec. X.

/

digitus non dicitus

Lasciando da parte quel che riassume sull’argomento lo Heraeus, io non so vedere qui se non un caso di alterazione ascendentale, come altri se ne verificano specialmente intorno a Roma. In una tabella definictionis trovata a Mentana (AudollentAuguste Audollent (1864-1943), p. 191) si legge:

Malcio nicones oculos
manus dicitos bracias
ecc. defico (= -figo).

in altra trovata a Minturno (Audoll. P. 249):

…, dii iferi, vobis
come[n]do ilius memra, colore,
ficura, caput,… fulmones,
itestinas, vetre, bracia, dicitos..

/

camera non cammara 84

La forma più vicina alla greca era camara che non manca nel lat. arc., v. Georges, LWF. ma più consentanea al fonetismo romana (sic.) era camera che appunto prevalse nell'uso letterario. Camera ritroviamo nel fiorentino e nell’uso letterario odierno. Cammara e cammora ritrovansi in più varietà centro-meridionali, onde poi anche camorra attraverso incamarare, incamorare. Per lo spostamento dell’accentuazione greca v. Gr. § 145.

/

auris non oricla 83

La forma sopravvissuta è oricla, che si ritrova nell'it. orecchia, prov. aurelha, ecc. v. in ML. n. 793.

E si tratta di un altro caso di forma semplice sostituita da diminutivo; Gr. §13. Per l’au in o v. ivi § 212 e 229 7.

/

pegma non peuma

nessuna delle due forme sopravvisse in romanzo. Tuttavia esse hanno importanza per noi, perché documentano con un altro esempio la risoluzione del gruppo consonantico gm, che trovavasi in sagma indi diventato sauma, salma soma. 1)

Cf. smaragdus prov. esmeraude, it. smeraldo ecc; fraumenta = fragmenta in ML. Lat. Spr. p. 472 in Gr. § 268.

1) di sauma per sagma l'esempio più antico citato era d'Isidoro, perciò del sec. VI.*